CHARLES DE FOUCAULD
I DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C
MEDITAZIONE NUM. 270
LC 4,1-13
Digiuno e tentazione di Nostro Signore nel deserto.
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Come sei buono, mio Dio, ad aver sofferto per noi tante sofferenze1 e tanti abbassamenti… Durante la Santa Quarantena, hai sofferto per noi la fame, la sete, il freddo, la fatica, la debolezza, hai sofferto nella Tua anima al pensiero della Santa Vergine privata della Tua presenza, che soffre di non vederTi e di pensare che soffri, hai sofferto tutti i dolori, tutte le colpe, tutti i mali degli uomini presenti e futuri, poiché li ami tutti… Ti sei abbassato fino a permettere al demonio di tentarTi, forse di toccarTi!… Tutto questo per noi, o mio Dio, per Dio in primo luogo, senza dubbio: per glorificare Dio con la Tua obbedienza; ma in seguito per noi, poiché è per amore nostro che Dio Te lo chiede, è per il nostro bene che Te lo chiede.
È un mare immenso, o mio Dio, la Tua Quarantena… I suoi insegnamenti sono infiniti. Poiché è un tipo di vita che ci presenti in essa. È uno dei tre tipi di vita perfetti, divini, ugualmente santi, che pratichi, che ci proponi con il Tuo esempio: la vita di Nazareth, la vita del deserto, la vita pubblica… Ci insegni ciò che deve essere la vita del deserto: Una vita di solitudine, di contemplazione, di penitenza, di povertà … Ci insegni, conducendo per un certo tempo questa vita, che è un genere di vita santo, perfetto, divino, che le anime che Tu chiami a esso conducono per tutta la loro vita… E conducendola solo per un certo tempo, ci mostri che, se certe anime, in seguito ad una vocazione speciale, devono condurla sempre, le altre, devono, come Te, condurla in una certa misura e per un certo tempo, facendo in certi momenti importanti della vita, prima di atti seri, dei ritiri nei quali per un certo tempo si raccolgono nella contemplazione, nella solitudine, nella penitenza…
Ci insegni poi che si va nel deserto per essere tentati, che non bisogna quindi, né stupirsi, né spaventarsi, né scoraggiarsi, se, quando si lascia tutto per seguirTi, se, quando ci si ritira nella solitudine, si è più tentati di prima: è la regola, e non è sorprendente che il demonio si attacchi tanto più ad un’anima quanto la vede più decisa a servire Dio… D’altra parte, sia queste tentazioni sia la vista delle nostre imperfezioni ci appaiono molto più chiaramente nella chiarezza della solitudine, della meditazione, della contemplazione, di quanto non facessero quando i nostri occhi erano oscurati da mille pensieri terreni.
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Ci dai dei mezzi, dei metodi per vincere le tentazioni: la fede nella parola divina, la povertà di spirito che considera come del fango la terra intera e tutti i suoi beni, l’umiltà che non vuole tentare Dio e che resta all’ultimo posto, che non vuole fare grandi cose nemmeno quando ciò le sarebbe facile e produrrebbe la conversione dell’intero genere umano, se Dio non glielo ordina manifestandole chiaramente la Sua volontà al riguardo … Quest’ultima lezione è particolarmente importante; senza dubbio bisogna fare, come Gesù fa rà più tardi, delle opere esteriori, ma soltanto quando vi si è chiamati da Dio, quando «l’ora è giunta»… Fintantoché non se ne è ricevuta chiaramente missione da Dio, il modo di glorificarlo non è tentare di fare da se stessi le opere che ci sembrano utili alla Sua gloria, ma restare, come Gesù, a Nazareth, come Gesù, nel deserto, all’ultimo posto, finché la mano stessa di Dio non ce ne tira fuori, se questo Gli piace, e ci dà chiaramente missione per fare tale o tal’altra opera…
Abbiamo sempre presente agli occhi questo esempio, questo insegnamento di Gesù, questo esempio della Sua oscurità di Nazareth, e del deserto, duplice periodo coronato e riassunto da questa parola: «Non è permesso tentare Dio»… Ora, è tentarlo intraprendere un’opera il cui compimento chiede delle grazie soprannaturali, senza aver ricevuto missione da Colui che solo distribuisce queste grazie… Imitiamo San Giovanni, che ha atteso trent’anni nel deserto la missione dall’alto; imitiamo San Paolo che ha atteso prima in Arabia, poi a Tars o, per degli anni, l’ora di ricevere dagli uomini, rappresentanti di Dio quaggiù, questa missione di convertire i gentili, che gli era stata così chiaramente annunciata da Dio; sono stati perfetti tutti e due, perché, come lo Spirito Santo dice di San Paolo, sono stati dei «fedeli imitatori di Gesù»… Imitiamo quindi soprattutto Gesù, che attese, Lui, Dio, per più di trent’anni, la missione di predicare il Vangelo…
Chiunque siamo, qualsiasi desiderio abbiamo, a qualsiasi cosa ci crediamo chiamati, restiamo dove siamo, limitandoci a far conoscere pienamente lo stato della nostra anima a un saggio direttore, e viviamo così, facendo ogni giorno il più perfettamente possibile ciò che dobbiamo fare, non preoccupandoci, non occupandoci minimamente dell’avvenire, né di fare altra cosa se non il dovere del nostro stato nel momento presente; e per tutto il resto abbandoniamoci a Dio; se non vuole nient’altro da noi, ci lascerà sempre così e resteremo tutta la nostra vita in questo stato per Sua volontà; se vuole qualcos’altro da noi, ce lo farà conoscere, ci chiamerà autenticamente, ci darà chiaramente missione quando il momento sarà giunto …
«Non tentiamo Dio»… «Come predicheranno, se non sono inviati?»… Guardiamoci bene dall’agire senza missione… Seguiamo sempre questa linea di condotta della quale Gesù ci dà qui il precetto e per più di trent’anni, l’esempio 2.
1 Le parole in corsivo, negli scritti originali di Charles de Foucauld, sono sottolineati una volta, le parole in grassetto sono sottolineate da lui più volte.
2 Traduzione a cura delle Discepole del Vangelo. Fonte
Immagine iniziale: ERMITAGE PERE CHARLES DE FOUCAULD – ASSEKREM di Salim B su flickr.com