Sorelle Povere di Santa Chiara – Commento al Vangelo di domenica 6 Marzo 2022

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La prova del Figlio dell’uomo

Il deserto della Quaresima nel quale siamo entrati è il luogo dove lo stesso Spirito ci guida per rivelarci il vero volto di Dio e il vero volto della nostra umanità. Entrambi risplendono con forza in Gesù, il “figlio di Dio” e “il figlio di Adamo” (cfr. Lc 3,38). <>Questa rivelazione passa attraverso la “prova” “nel deserto, per quaranta giorni”. Gesù ha vissuto un tempo di tentazione, di prova. Un tempo nel quale è stato “provato” per manifestare la sua verità, le ragioni del suo agire, la profonda relazione di fede con il Padre, la condivisione estrema della nostra condizione umana.

La tentazione è quell’esperienza nella quale il nemico, il diavolo, cerca di separaci da Dio e dalla nostra verità di creature uscite dalle mani di Dio; ma, in realtà, in quella stessa esperienza, lo Spirito la fa venire alla luce in tutta la sua bellezza. Siamo provati come si “prova” “l’argento purificato nel crogiuolo” (Sal 66,10) che rivela tutto il suo splendore, liberato dalle scorie che lo offuscavano.

Al brano di oggi, posto all’inizio dell’esperienza adulta di Gesù, corrisponde l’ultima prova di Gesù sulla croce. Oggi infatti il diavolo “si allontana da Gesù fino al momento fissato” (Lc 4,13) e questo momento è quello cruciale dell’ultima tentazione, là dove Gesù rivelerà pienamente se stesso, nella sua verità in rapporto al Padre e agli uomini. Questa inclusione, che Luca sottolinea in modo particolare, ci permette di pensare che tutta l’esistenza terrena di Gesù sia stata segnata dalla tentazione (Luca infatti cita diversi episodi in cui si cerca di tentare Gesù: Lc 10,25; 11,16; 20,20).

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Ed è proprio questa “prova” che progressivamente rivela “di che stoffa” sia fatta la sua umanità.

E la nostra. In Lui.

Dopo il battesimo al Giordano, proprio là dove Gesù scende nelle acque della nostra umanità facendosi solidale con l’uomo peccatore, la voce del Padre lo riconosce come Figlio: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” (Lc 3,22).

Gesù è il Figlio di Dio.

Subito dopo questo solenne riconoscimento del Padre, Luca ci narra in che modo Dio gli sia Padre, presentandoci la genealogia di Gesù: “Gesù… era figlio, come si riteneva, di Giuseppe, figlio di Eli… figlio di Adamo, figlio di Dio” (Lc 3,23.38).

Gesù è figlio di Dio, passando per Adamo, il primo uomo. È un altro modo per dire che Gesù ha condiviso tutta la nostra condizione umana, è divenuto “figlio dell’uomo”, rendendosi “in tutto simile ai fratelli” (cfr. Eb 2,17). Per questo “è stato messo alla prova in ogni cosa, come noi” (cfr. Eb 4,15). Ad Adamo, il figlio di Dio messo alla prova dal serpente nel giardino, corrisponde Gesù, il figlio di Dio tentato nel deserto.

Notiamo che Luca presenta le tentazioni in un ordine diverso rispetto a Matteo. Un ordine che segue il cammino terreno di Gesù dal deserto, dove inizia il suo ministero (la prima tentazione relativa al pane è collocata nel “deserto”); alla sua salita dalla Galilea verso la Giudea (il luogo “alto” dove il diavolo lo conduce per mostrargli i regni della terra nella seconda tentazione); fino al cuore di Gerusalemme dove Gesù salirà sulla croce (il pinnacolo del tempio della terza tentazione).

In questo percorso Gesù rivela progressivamente la via per la quale l’uomo, il nuovo Adamo, può vincere il tentatore lungo tutta la sua esistenza.

“In quei giorni Gesù non mangiò nulla”. L’assenza di cibo nel deserto implica la morte. Il deserto è il luogo per eccellenza dove l’uomo non può procurarsi da se stesso il cibo che lo faccia vivere. Qui lo può ricevere solo come dono di Dio. Infatti il popolo di Israele nella sua attraversata del deserto sarebbe morto se Dio non avesse donato il “pane dal cielo”. Il deserto è il luogo dove emerge con maggiore evidenza quale sia la fonte della vita dell’uomo; Chi sia la fonte della vita dell’uomo.

Allo stesso modo nel giardino, al principio della creazione, il primo uomo Adamo riceve nutrimento dagli alberi che Dio gli dona. La sua vita si nutre della relazione con il Creatore di tutte le cose. “Il diavolo gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane”. Gesù gli rispose: “Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo””.

In questa prima tentazione, Satana “mette alla prova” Gesù nella sua relazione con il Padre, la fonte della Vita. Ma Gesù risponde come “figlio dell’uomo”, come il nuovo e vero Adamo, che non si procura la vita da se stesso, non trasforma le cose (“questa pietra”) in sorgente di vita per lui, ma rimane in una relazione vitale con il Padre, riconoscendo nella sua Parola ciò che lo nutre e lo sostiene (“mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato” Gv 4,34). Gesù è l’Adamo che non cede alla tentazione del serpente, che non mette in questione la prima parola d’amore del Padre su di lui (cfr. Gen 3).

Gesù non sta minimizzando il bisogno di pane materiale dell’uomo. Ma sa bene che il pane da solo non è sufficiente per saziare la nostra “fame” di vita. Se il pane non è accompagnato dalla parola, cioè dalla relazione con qualcuno da cui lo riceviamo e con cui lo condividiamo, quel pane non sazia. Il “pane” è il segno dell’amore di Colui che ce lo ha donato.

Ecco quindi che Gesù, il vero Adamo, è l’uomo che rimane in questa relazione con il Padre continuando ad affidarsi a Lui; e, al tempo stesso, è Colui che rivela il Padre come la fonte della vita dell’uomo.

“Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: “Ti darò tutto questo potere e la loro gloria (…) se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo”. Nella seconda tentazione Satana mette alla prova Gesù nell’umana ricerca di raggiungere altezze straordinarie e di estendere il potere su spazi sempre più grandi. È l’offerta di “tutto” in “un istante”, tutto e subito, raggiungendo mete che superano il limite dell’uomo. Gesù, il “figlio dell’uomo”, non cade nell’inganno di esercitare un potere che si sottragga ai limiti dello spazio e del tempo che sono propri dell’umanità. Gesù custodisce il senso del limite umano e proclama così chi sia l’uomo di fronte alle realtà create (“tutti i regni della terra”) e, al tempo stesso, rivela che solo Dio è degno di adorazione.

Adorare significa letteralmente “rivolgere la parola a, invocare, supplicare, portare (la mano) alla bocca (inteso come atto di riverenza che si fa verso una persona degna di rispetto, dinanzi alla quale ci si inchina leggermente, toccando con la mano destra l’oggetto che si vuole onorare, mentre la sinistra si porta alla bocca, baciandola)”. Quindi, se “adorare” ha a che fare con il “rivolgere la parola”, Gesù non si pone in dialogo con il diavolo che gli offre tutto, ma riconosce che “tutto gli è stato dato” dal Padre (cfr. Lc 10,22). È da Lui infatti che Gesù riceverà ciò che ora il diavolo gli offre e lo riceverà nel momento in cui si lascerà “condurre in alto” sulla croce. Qui e non prima o altrove Gesù riceve dal Padre potere universale ed eterno su tutti i regni della terra, proprio perché Gesù ha il “potere” di dare la vita, perdendo se stesso. Qui Gesù ci rivela che il vero Adamo è “coronato di gloria e onore” (cfr. Sal 8) proprio per il suo abbandono fiducioso alla potenza di Dio; e al tempo stesso mostra che il Padre è un Dio che dona il suo Regno a tutti coloro che si affidano a Lui (“Oggi sarai con me nel mio regno” promette Gesù al malfattore che osa “supplicarlo” sulla croce, Lc 23,42-43).

“se sei il Figlio di Dio, gettati giù di qui…” Nella terza tentazione viene messa alla prova la capacità di affidamento di Gesù nella sua relazione filiale con il Padre. Gesù non ha bisogno di gettarsi dal punto più alto del tempio di Gerusalemme per avere la prova dell’amore di Dio per Lui. Il Figlio, che vive affidato al Padre, oserà “gettarsi” nell’abisso della morte dall’alto della croce, continuando ad affidarsi a Lui anche di fronte al suo silenzio e al suo apparente abbandono: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46). Fino a questo punto giunge la fede del Figlio, perché Egli sa che la vita dell’uomo è nelle mani del Padre e che Lui non può abbandonare la creatura che ama.

Nella prova del Figlio, riconosciamo la via per vivere tutte le prove che la vita ci offre: ne usciremo riconoscendo il vero volto del Padre e il volto più autentico della nostra umanità. Quella di figli nel Figlio.

Commento a cura delle Clarisse di S. Gata Feltria