don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 22 Febbraio 2022

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Aveva proprio ragione Paolo quando, quasi estasiato mentre scrive ai Romani, si lascia andare con queste parole: “Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!”. Davvero “chi mai ha potuto conoscere il suo pensiero?”. Ne è un esempio proprio ciò che accade a Cesarea di Filippo quando il Cristo di Dio sceglie di costruire la sua comunità sulla fede di un uomo sincero e generoso. Ci saremmo aspettati che il Signore facesse leva sulla sapienza di un dotto o sul saper fare di un uomo avveduto, sull’intraprendenza di un uomo di affari o sulla forza di un uomo potente. E, invece, nulla di tutto ciò.

La Chiesa viene edificata sulla fiducia di un uomo esposto a tanti limiti e difficoltà, un uomo che vorrebbe seguire Cristo fino in fondo persino nella morte, ma non tarda a rinnegarlo; un uomo che si pente e tradisce; un uomo che sente il desiderio di buttarsi a capofitto nelle cose di Dio ma avverte anche tutta l’attrattiva dell’autopreservarsi.  Quanto lo sento vicino quest’uomo! Quanto mi sento anch’io come Pietro! Un vulnus nell’in principio della comunità cristiana, ma è proprio da questo vulnus che passa la luce, la grazia, la vita.

La sua è una roccia che non tarderà a sfaldarsi proprio nel momento in cui più avrebbe dovuto resistere: infatti, nel momento della prova viene meno, nel momento della cattiveria Pietro diventa codardo, nel momento della solitudine e dell’abbandono si lascia vincere dalla paura di restare coinvolto a caro prezzo. Eppure aveva fatto al più bella professione di fede, ma nulla.
Ma che cosa aveva visto il Signore di tanto interessante in un uomo come Pietro?

La fede che si lascia ammaestrare continuamente da Dio e che non esita a esprimere ciò che porta nel cuore.
La fede che si lascia mutare sguardi e giudizi. Fino a questo momento, Pietro aveva altri criteri di riferimento: il suo mondo affettivo, il suo mestiere, la sua religiosità. Con la sua risposta egli afferma che la persona di Gesù e la fede in lui, segnano un nuovo modo di guardare le cose. Proprio come quando ci si innamora: nulla è più come prima. E sarà proprio quella fede a far la differenza rispetto a Giuda nel giorno in cui, dopo aver rinnegato tre volte il Maestro, si abbandonerà a lacrime di purificazione e di pentimento.

Gesù riconosce in Pietro la fede che accetta di essere plasmata non da successi ma da sconfitte rilette come occasione per una più profonda verità su di sé. Non una fede da brandire ma quella che arriva a riconoscere con umiltà: “Signore, tu sai tutto”. Non la fede del fondamentalista ma quella del peccatore che dice: “allontanati da me”. Era stato facile quel giorno a Cesarea esclamare: “Tu sei il Cristo”. Tuttavia, la fede di Pietro avrà bisogno di essere ammaestrata circa il fatto che l’immagine di Cristo non è qualcosa di statico e fissato una volta per tutte. È facile, sull’onda di un entusiasmo dire a vent’anni: “Tu sei il Cristo”; non è lo stesso a quaranta, quando hai cominciato a sentire sulla tua pelle la fatica del restare fedele al Signore che sembra quasi si diverta a smentire le tue aspettative; non lo sarà senz’altro più avanti negli anni o in un momento in cui la terra sembra venir meno sotto i suoi piedi.

Viene per tutti l’ora di Cesarea, il momento cioè, in cui ci è chiesto di portare alla luce quanto abbiamo lasciato sedimentare nel profondo del nostro cuore. Viene per tutti l’ora in cui siamo sollecitati a dichiararci, sapendo che dire chi è lui non è senza conseguenze circa il modo di intendere chi siamo noi.
Forse, con un po’ di umiltà, dovremmo riconoscere che siamo poveri di una vera conoscenza di Cristo, siamo superficiali circa l’esperienza della fede, siamo incostanti nelle nostre scelte.
“Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!”.

Quale motivo avremmo noi per meritare la fiducia di Dio il quale continua a mettere nelle nostre mani quanto ha di più prezioso: la parola, i sacramenti, la sua amicizia? Eppure i nostri peccati gli sono noti come non gli sfuggono tanti nostri gesti maldestri. A lui però interessa la fiducia che abbiamo in lui e l’amore che a lui ci lega. Tanto basta.

Per questo amo il Signore ed amo la Chiesa: perché egli non cessa di affidarsi a Pietro, a me, a te, a uomini che non sono come pietre squadrate, ma semplicemente uomini, con tutto quello che questo vuol dire. Poco o tanto siamo tutti pietre raccolte di qua e di là, pietre di scarto che il Signore ha scelto per costruire la sua comunità. Non ha fondato la Chiesa sull’integralismo dei puri ma sull’umile consapevolezza di chi sa di non essere migliore di nessun altro. È a Pietro che verrà chiesto di confermare i fratelli, una volta superata la prova. E sappiamo che in quella prova Pietro cadde.

Quanta gente anche oggi è affascinata da linguaggi misteriosi, da parole arcane, da esperienze mistiche e si pone alla ricerca di ciò che suscita stupore e meraviglia. Non così il Signore: egli continua a scegliere Pietro, continua a scegliere me, continua a scegliere te. Uomini e donne dalla fede sincera, mista a tante fragilità e debolezze, unico antidoto per non diventare uomini e donne superbi, sempre bisognosi di essere generati dall’abbraccio della misericordia e di essere confermati nella loro fede.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM