Trasformare la storia con la benevolenza
Fare il bene, nella sensibilità biblica, dipende espressamente dalla capacità di volere il bene: non si tratta solo di agire, ma prioritariamente di avere una disposizione del cuore e della mente che si apprende alla scuola del Maestro.
Solo da Lui possiamo imparare l’autentica benevolenza, che è il sentimento del desiderio di bene per chi ci è accanto e per ogni persona, indipendentemente dalla sua condotta e dai suoi meriti. Dalla benevolenza, e solo da essa, discende la sollecitudine creativa che, senza fatica ma spontaneamente e con ogni urgenza tipica dell’amore autentico, ci fa collaborare concretamente alla realizzazione di ciò che è Bene.
Questa dimensione, che è di Dio, che “è benevolo” pure “verso gli ingrati e i malvagi”, distingue chi gli è vicino da chi gli è lontano, anche se lo onora con le labbra: è lo stile dei “figli dell’Altissimo”, che contrassegna e rende riconoscibili quanti sono di Cristo, i quali abbandonano l’uomo terreno per somigliare a quello celeste, come dice san Paolo nella seconda lettura.
«A voi che ascoltate, io dico!»: così esordisce Gesù. Egli parla, ogni giorno, a chi porge l’orecchio alle sue parole riconoscendone la forza trasformatrice nella storia, e dice cose che non hanno niente a che fare con la logica terrena: «Amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi odia, benedite chi vi maledice, pregate per chi vi maltratta».
Pensate, sentite, agite con il criterio della misericordia, che è il criterio di Dio. In Luca, Gesù non dà una regola negativa: non ci dice di non fare agli altri quello chenon vorremmo per noi; sarebbe semplice, basterebbe non fare nulla. Gesù ci invita qui a fare con gli altri ciò che ci piacerebbe ricevere. Non c’è limite alla creatività dell’amore. Amate alla massima potenza! Chi vive come insegna il Vangelo non è certamente un eroe; è un Figlio amato, che ha Dio per padre ed è ricco di un amore senza fine.[…]
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