don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 14 Febbraio 2022

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Una pagina che ha un fascino unico, quella consegnata a noi in questa liturgia. Sa di inizi, di attese, di speranze, di germogli, di nuove possibilità, di vita che pulsa.
Pagina che delinea i tratti della nostra identità e della nostra azione.
Pagina che fa intravedere e sognare una comunità cristiana agile, pronta, non arroccata, partecipe dello sguardo di Dio, disposta al cammino.

Chi siamo? Uomini e donne degni della fiducia di Dio, se è vero che è a noi che Dio  consegna il suo desiderio di raggiungere ogni uomo sulla terra (ogni città e villaggio… qualunque casa… i luoghi del privato e i luoghi del pubblico).
Chi siamo? Uomini e donne partecipi del desiderio di accorciare le distanze, di manifestare un Dio che si fa vicino e che scrive i nostri nomi nel libro della vita. C’è di che rallegrarsi! E perché questo possa accadere, Gesù offre le indicazioni circa lo stile da assumere. Uno stile, infatti, non vale l’altro. E lo stile non è altra cosa rispetto al messaggio che siamo chiamati a recare.
A due a due… anzitutto. Si raggiunge l’altro attraverso lo stile della comunione, mettendo da parte la competizione, l’invidia, la vanagloria, tutto ciò che mina tanto nostro operare in modo pure lodevole.

A due a due… ovvero imparando a ridimensionarsi per fare posto all’altro ed esercitandosi a vivere il comandamento dell’amore fraterno.
C’è una nota che mi colpisce di queste indicazioni: non spetta ai discepoli scegliere i luoghi verso cui incamminarsi ma riconoscere quelli verso i quali il Signore vuole recarsi. In questo andare non ci sono zone off limits e tantomeno luoghi privilegiati. Compito dei discepoli è solo quello di preparare l’accoglienza, facilitare l‘incontro, favorire il passaggio. Discepoli, ovvero facilitatori di incontri. Discepoli, ovvero uomini abitati da una grande fiducia nel “Signore della messe”: a lui per primo, infatti, sta a cuore il fatto che gli uomini sperimentino pienezza di vita. La fiducia nel Padre è ciò che permette leggerezza e libertà rispetto alle cose: “né borsa, né sacca, né sandali” e persino rispetto a se stessi. Liberi di cose, liberi di sé.

Lo stile dei discepoli sembra perdente in partenza stando a quanto suggerisce quell’essere inviati come agnelli in mezzo ai lupi, ovvero senza contrapposizioni. Eppure, Gesù non cessa di ricordare che il male si vince con il bene, non altrimenti. Alla povertà dei mezzi che deve contraddistinguere i discepoli, va accompagnata quella più difficile, la povertà del potere. Poveri di potere.
Gesù mette sull’avviso: i lupi esistono e sono le varie declinazioni mediante le quali oggi il male si manifesta. E molte volte è un lupo che si maschera da agnello e perciò più difficile da riconoscere e da affrontare.

Certo, secondo una logica mondana, si tratterebbe di un rapporto impari, ma non secondo la logica di Dio il quale fa sì che proprio l’esperienza del rifiuto e della non accoglienza diventi l’occasione attraverso la quale Dio opera grandi cose. Sempre così. Il vangelo si fa strada tra le pieghe della storia non con il plauso e il consenso ma mediante i momenti di difficoltà, allorquando deponendo atteggiamenti di forza, traspare la differenza cristiana di chi ad aggressione non oppone aggressione, a violenza non risponde con violenza. La tentazione di diventare lupi tra i lupi è dietro l’angolo in ogni circostanza, ma non è questa la strada indicata e intrapresa dal Signore Gesù.

Il vangelo, infatti, non si annuncia ricorrendo alla forza ma attraverso uno stile mite, mediante un cuore capace di benedire e di donare pace proprio quando si dovesse incontrare ostilità. “Il credente non è mai arrogante”, ci ha appena ricordato papa Francesco nella sua prima enciclica. L’amore di Dio verso l’umanità si è manifestato nel luogo del suo contrario, proprio mentre imperversava l’odio omicida. Nelle relazioni conflittuali l’altro non diventa mai un nemico da cui prendere le distanze ma uno verso cui continuare a incamminarsi con la stessa magnanimità di Dio.

Lo stile dei discepoli è quello di chi porta la pace non con proclami ma con l’apertura del cuore, proponendo e mai imponendo.
Dio va detto… ma con il suo stesso stile.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM