mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 13 Febbraio 2022

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Beati voi, poveri!

Oggi la liturgia ci propone l’ascolto dell’inizio del cosiddetto “discorso della montagna” con questa introduzione straordinaria che sono le Beatitudini: “Beati i poveri. Beati quelli che hanno fame. Beati quelli che piangono.” Queste parole paradossali sono il cuore del messaggio cristiano. Senza negare niente alla loro importanza il loro senso non è evidente e sono molti i problemi per comprenderlo e viverlo.

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C’è chi dice che tutto il messaggio evangelico si riassume nelle Beatitudini, ma è un po’ semplicista, perché si può dire anche che tutte si riassumono nella prima beatitudine, quella della povertà di cuore. Ma il messaggio di Cristo e molto più ampio, è la Buona Novella della salvezza offerta a tutti. Non si può ridurla ad un ascetismo, un distacco, una lezione di rinuncia. Lezioni di questo genere le troviamo anche in altre correnti spirituali: Buddha, prima di Gesù, ha rinunciato a tutti i suoi beni per cercare la sapienza nella povertà, lo spogliamento e la rinuncia e si è aperto alla compassione verso tutte le creature. Se consideriamo soprattutto le ultime beatitudini, quelle che domandano la pazienza, l’accettazione della persecuzione, la sofferenza troviamo equivalenti nel Corano: la parola “islam” vuol dire sottomissione completa alla legge di Dio. Ogni giorno noi diciamo “Sia fatta la tua volontà”, ma sappiamo che né il Buddhismo, né l’Islam sono assimilabili al Vangelo, specialmente riguardo al posto che viene accordato a Gesù, Figlio di Dio, che ci salva.

Allora qual è il posto delle Beatitudini nella Buona Novella che viene predicata?

Gesù ha potuto proclamare che, se i poveri erano beati non lo erano per la mancanza di denaro volontaria o subìta, ma perché mettevano tutta la loro fiducia in Lui, inviato di Dio. E’ detto esplicitamente alla fine del discorso: “Beati i perseguitati a causa mia”. Gesù è venuto a salvare l’uomo non soltanto dalla miseria fisica, ma ancor più è venuto a salvare i cuori e le anime, le intelligenze e gli spiriti, l’uomo tutto intero. La Buona Novella è l’incontro con Cristo Gesù che non soltanto insegna, ma dà la vita fino alla morte di Croce per riunire nell’unità i figli di Dio dispersi. Allora la lotta contro la povertà, per la giustizia, l’impegno permanente per la misericordia devono essere comprese non come un fine in se stesso, ma come la grande chiamata fatta per camminare alla sequela di Cristo, con Cristo, nel suo amore, verso la sua Pasqua, la nostra Pasqua.

Amarsi gli uni gli altri non è specificamente cristiano: questo comandamento si trova già nella legge giudaica e ancor oggi tanti uomini sono d’accordo senza proclamarsi di Cristo. Ciò che è propriamente cristiano è “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati. Non sarete capaci che con me, mettendo i vostri passi nei miei, al mio seguito; accettando di passare per dove io sono passato, camminare tutti insieme verso Dio, mio Padre.”

“Come io vi ho amati”. A che punto siamo da questo punto di vista? Lo Spirito Santo ci chiama sempre a interrogarci su come utilizziamo i nostri beni e come condividiamo con in poveri quelle che sono le loro forme di povertà.

Sarebbe vano professare “Beati i poveri” se restassimo indifferenti dinanzi alla miseria di coloro che hanno fame non soltanto di giustizia, ma anche di pane, di abiti, di alloggio, di lavoro, di pace nei paesi travagliati dalla guerra. Se ci siamo messi alla sequela di Cristo non possiamo essere insensibili, ma renderci disponibili nelle mani di Dio e l’ascolto dei fratelli più poveri. Sono tanti i modi per essere loro vicino: facendo una politica di giustizia, costruendo acquedotti, o, come diceva Teresa di Calcutta dando un bicchiere di acqua a chi ha sete.

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