AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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Il Vangelo di oggi inizia con una considerazione quasi materna da parte di Gesù. Infatti è tipico delle madri (e delle nonne) preoccuparsi dei dettagli più concreti della vita delle persone, specie quando ciò riguarda il cibo:
“c’era di nuovo una folla grandissima, e poiché non avevano da mangiare, Gesù, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «Io ho pietà di questa gente; poiché da tre giorni sta con me e non ha da mangiare. Se li rimando a casa digiuni, verranno meno per strada; perché alcuni di loro sono venuti da lontano»”.
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Gesù pone un problema concreto e spiazza i suoi discepoli che forse fin da allora tendevano a spiritualizzare in maniera sbagliata la loro missione. Ma per un cristiano spiritualizzare non significa emanciparsi dai bisogni concreti della gente.
Non possiamo annunciare un vangelo che non tenga presente la concretezza delle vite delle persone. A un cristiano la fame di un povero interpella. È troppo riduttiva l’idea che a noi interessano solo le anime. In realtà a noi interessano le persone tutte intere. E poco importa se ci sembra che siamo sempre inadeguati: «Come si potrebbe mai saziarli di pane qui, in un deserto?».
Noi sappiamo bene che Gesù risponderà a questa domanda con il famoso miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma lo farà a partire dal possibile dei discepoli:
“«Quanti pani avete?» Essi dissero: «Sette». (…) presi i sette pani, dopo aver reso grazie, li spezzò e diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla; ed essi li distribuirono. Avevano anche pochi pesciolini; ed egli, dopo aver detto la benedizione, comandò di distribuire anche quelli. Tutti mangiarono e furono saziati”.
È una lezione immensa: non si può rimanere indifferenti davanti ai bisogni concreti delle persone, ma con molta umiltà bisogna anche ammettere che nessuno di noi ha mezzi necessari per prendere sul serio ogni frammento di quei bisogni. Gesù però non ci domanda di risolvere il problema ma di mettere a disposizione ciò che possiamo.
È da lì che opera miracoli, da questa disponibilità del nostro possibile.
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Gesù salva le persone, non salva solo la loro anima. Per questo ne guarisce a volte i corpi, li strappa dalla morte, li perdona, li rimette in pace, li nutre. È il caso del Vangelo di oggi in cui tutto il miracolo ruota attorno a un pranzo al sacco che non può farsi per mancanza di provviste: “Gli risposero i discepoli: «E come si potrebbe sfamarli di pane qui, in un deserto?»”.
Sembra che il realismo dei discepoli sia più reale di quello di Gesù. Ma la lezione che sta per dare Gesù a tutti loro è una lezione che deve rimanere impressa in ognuno di noi: “«Quanti pani avete?». Gli dissero: «Sette». Gesù ordinò alla folla di sedersi per terra. Presi allora quei sette pani, rese grazie, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla.
Avevano anche pochi pesciolini; dopo aver pronunziata la benedizione su di essi, disse di distribuire anche quelli. Così essi mangiarono e si saziarono; e portarono via sette sporte di pezzi avanzati. Erano circa quattromila”. Un cristiano deve sempre fare i conti con la realtà, deve sempre essere realista ma non deve mai dimenticare che nella realtà non ci sono solo le cose che si riescono a contare ma c’è anche la misteriosa Provvidenza di Dio che sa tirare fuori dalle cose reali non solo ciò che ci serve ma anche ciò che alla fine avanza.
La mancanza di fede, infatti, si manifesta sempre attraverso uno sguardo troppo miope sulla vita. Credere è avere una prospettiva più grande, uno sguardo più profondo di ciò che si vede.