Alzati gli occhi
Alza gli occhi, il Signore, guarda oltre l’orizzonte.
Come forse dovremmo fare noi in questi tempi strappati e irrisolti.
Alzare lo sguardo per non lasciarci mangiare il cuore dalla paura. Paura del Covid, paura del vaccino, paura dell’altro, diventato nemico. Paura del presente, paura del futuro, paura di non farcela.
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Alzare lo sguardo per trovare, oltre il mare in burrasca, un approdo. Una Parola, un Salvatore.
Parla, il Signore. Indica una strada, un percorso, un cammino. Folle.
Molta gente si è radunata. Da lontano. Molti foresti.
Aspettano una Parola. La Parola che ci spinge a far ressa. A stringerci intorno a chiunque abbia qualcosa di autentico da dire, che ci indichi come essere felici. Oltre i troppi venditori di fumo che ci stanno spegnendo i sogni. E noi idioti a farci condurre.
Gesù alza lo sguardo. E vede i suoi discepoli.
È gente semplice, raffazzonata, fiduciosa. Non ci sono molti intellettuali e, quelli che ci sono, hanno capito che insieme alla mente bisogna allargare il cuore.
La Parola arriva, infine. E non è quella che avremmo voluto ascoltare.
Beati voi. Poveri. Affamati. Nel pianto. Perseguitati.
Ma dai…
Chi è Dio
Non capisco. Non capiamo. Io non voglio essere povero. Né tantomeno affamato o piangente o perseguitato. Questa pagina conferma il pregiudizio di molti nei confronti dei cristiani che amano la sofferenza? Dediti a piallare la croce giorno e notte con sguardo lacrimevole?
Dio esalta la sfortuna e la disgrazia?
Molti, purtroppo, lo hanno pensato, leggendo questa pagina.
Molti, e quanto mi addolora questo fatto, hanno veramente esaltato il dolore pensando di far piacere a Dio. Molti, sul serio, pensano che Dio metta alla prova i suoi figli mandando disgrazie e malattia e lutti. Ma quale padre farebbe una cosa del genere?
Non è così.
Non siamo beati, cioè felici, perché poveri, o affamati o piangenti o perseguitati.
Siamo felici perché Dio si occupa di noi, se poveri, affamati, piangenti e perseguitati.
Perché Dio mette il povero al centro del suo cuore. E sazia l’affamato. E fa ridere il piangente. E accoglie con sé quanto, fra noi, subiscono persecuzione nel suo nome.
Come dei genitori che dedicano maggiore attenzione al figlio ammalato, così Dio.
Che dona a ciascuno secondo il suo bisogno.
Perciò, Gesù, vedendo i suoi discepoli, già vede la consolazione.
Le beatitudini raccontano chi è Dio.
Ma guai a voi
Penso all’emorragia di umanità che stiamo vivendo, giorno dopo giorno.
Penso alla crosta che sta crescendo sulle nostra anime. Tutti arrabbiati, tutti vittime, tutti sospettosi.
Penso all’indifferenza elevata a sistema, alla globalizzazione del menefreghismo.
No, non ho soluzioni semplici, ci mancherebbe.
Ma non voglio chiudere gli occhi. E leggo al realtà imitando lo sguardo di Dio.
Gesù insiste, diversamente da Matteo.
Luca riporta quattro “guai”.
Non minaccia, il Figlio dell’uomo, il Maestro.
Ammonisce, scuote, schiaffeggia.
Se la ricchezza diventa il tuo orizzonte e riempie la tua mente e la tua anima, non ci sarà spazio per Dio.
Se quello che conta nella tua vita è la bramosia, possedere, apparire, contare, scoprirai che la gloria non nutre la tua anima.
Se la tua vita è superficiale, sciocca, approssimativa, non saprai mai quale tesoro prezioso Dio ha nascosto nel tuo cuore.
Se badi solo a quello che dicono di te, finirai col vivere nell’apparenza.
Il Beato
Proprio perché il Dio di Gesù è mite, e pacificatore e misericordioso e paga di persona e sa piangere, coloro che gli assomigliano ne fanno esperienza.
Follia, vero? Sì, è troppo anche per un folle come me.
Eppure Gesù l’ha detto.
Non cerchiamo la povertà o le lacrime o la miseria, ma poniamo la nostra fiducia in Dio; allora sperimenteremo la felicità che è riempita di emozione e la supera.
La beatitudine è fare esperienza dell’Assoluto di Dio, del Dio di Gesù, della sua stordente bellezza e con lui condividere il sogno di una vita vera, ad ogni costo.
Mi strazia, questa pagina.
Io che sono povero vorrei diventare ricco.
Io che sono affamato vorrei non avere problemi per il futuro.
Io che soffro e piango vorrei fregarmene e ridere sguaiatamente.
Io che vengo accusato di essere buonista perché metto il Vangelo nella vita reale sono tentato dal cavalcare la rabbia generale.
La Parola, oggi, scruta e taglia.
Come scrive Geremia, profeta inascoltato e perseguitato nella sua Gerusalemme, l’unica possibilità è quella di alzare lo sguardo, di non confidare solo nell’uomo. La nostra speranza, ci ricorda Paolo, è posta nel Signore risorto, in qualcuno che è vivo e si rende presente attraverso il nostro sguardo, non in un progetto umano.
Beati noi che non ci arrendiamo, perché questo è lo stile di Dio.
Come pioli confitti nel terreno, crediamo.
Sappiamoci amati, scopriamoci amati.
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