don Francesco Pedrazzi – Commento al Vangelo del giorno – 10 Febbraio 2022

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LA DEVIAZIONE

Salomone è decantato dalla Sacra Scrittura come uno degli uomini più sapienti di sempre. La sua sapienza non è una dote naturale, ma un frutto della sua pietà, della sua fiducia in Dio. Egli non chiede per sé beni mondani, perché si considera un «uomo debole» e gli sta a cuore soltanto che le sue opere siano gradite a Dio e che possa giudicare con giustizia il suo popolo (cfr. Sap 9,5.12). Per questo Dio dice a Salomone: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te» (1Re 3,11-12).

Eppure, a un certo punto Salomone deraglia dalla retta via, dalla via dell’obbedienza a Dio. Colui che era giusto e sapiente diviene idolatra e infedele. Nella prima lettura di oggi si legge: «Quando Salomone fu vecchio, le sue donne gli fecero deviare il cuore per seguire altri dèi e il suo cuore non restò integro con il Signore, suo Dio, come il cuore di Davide, suo padre. … Il Signore, perciò, si sdegnò con Salomone… e gli disse: “Poiché ti sei comportato così e non hai osservato la mia alleanza né le leggi che ti avevo dato, ti strapperò via il regno e lo consegnerò a un tuo servo. … lo strapperò dalla mano di tuo figlio. Ma non gli strapperò tutto il regno; una tribù la darò a tuo figlio, per amore di Davide, mio servo, e per amore di Gerusalemme, che ho scelto».

Tutto questo ci deve far riflettere seriamente sul rapporto tra il dono della fede e la nostra libertà, tra la grazia di Dio e la responsabilità umana, sul rapporto tra carismi e santità, tra gloria umana e giudizio di Dio. Nel Libro del Siracide si legge: «Prima della fine non chiamare nessuno beato» (Sir 11,28).

A cosa serve essere fedeli a Dio nella giovinezza se poi si devìa nell’ultima parte della propria vita?

Viene in mente anche il severo ammonimento della Seconda Lettera di San Pietro per coloro che hanno iniziato a servire Cristo e poi sono tornati a vivere nel vizio e nel peccato come i figli del mondo. Eccolo: «La condizione di coloro che, dopo essere sfuggiti alle corruzioni del mondo per mezzo della conoscenza del nostro Signore e salvatore Gesù Cristo, rimangono di nuovo in esse invischiati e vinti, è divenuta peggiore della prima. Meglio sarebbe stato per loro non aver mai conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, voltare le spalle al santo comandamento che era stato loro trasmesso. Si è verificato per loro il proverbio: “Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango”» (cfr. 2Pt 2,20-22).

Per questo Gesù ha detto: «Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi» (Mc 10,31). La donna cananea del vangelo odierno, essendo pagana, potrebbe essere considerata tra gli ultimi, eppure Gesù la esaudisce perché in lei riconosce una fede «grande» (cfr. Mt 15,28).

O Maria, Vergine fedele, non permettere che deviamo mai dai sentieri dei comandi del Signore e fa’ che restiamo fedeli fino all’ora della nostra morte. Amen.

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