don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 10 Febbraio 2022

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Ne veniva da una intensa discussione riguardante le pratiche religiose: i farisei lo avevano redarguito perché i suoi discepoli prendevano cibo con le mani sporche senza attenersi alle prescrizioni antiche. Gesù, pressoché invano, aveva provato a far capire che il rapporto con Dio non è anzitutto una questione di mani pulite ma di un cuore sincero.

I farisei lo accusano, i discepoli non lo capiscono, la folla ascolta inerte la sua parola. Probabilmente quel suo ritirarsi era espressione del bisogno di un momento di tregua. E, invece, si ritrova di fronte a una donna dalla tenacia non comune e dalla insistenza umile, che lo porterà non solo a concedere ciò che ella desiderava ma persino a riconsiderare la sua stessa missione costringendolo a cambiare progetto.
La situazione è a dir poco paradossale: quelli a cui aveva rivolto la sua parola o non lo capiscono (i discepoli) o lo attaccano (i farisei). Mentre qui, in un territorio pagano, dove non ha neppure parlato e dove continua a non parlare, c’è chi lo invoca e si affida a lui. In un territorio “confessionale” Gesù si ritrova di fronte “uomini di poca fede”, in un contesto pagano ha di fronte a sé una “donna dalla fede grande”, come riporta Matteo.

Gesù non aveva trovato di meglio che allontanarsi dai luoghi della disputa religiosa dove si rischia di continuare a fare dell’accademia. La donna gli farà capire che non basta uscire da un circolo religioso. Ben altra uscita resta ancora da compiere: quella di non chiudersi a Dio che gli sta parlando attraverso una parola tutta umana di chi, per delle divisioni di ordine storico-culturale, sembra non aver diritto a essere portavoce di Dio. Penso a quante parole “altre” che noi definiamo senza senso o solo vaniloqui Dio stia ancora usando per continuare a parlare alla nostra vita. Penso a quanti “disobbedienti” (per usare le parole di Paolo) si aprono all’accoglienza del dono di Dio per vie insperate.

La fede della cananea ha molto da insegnare non solo all’uomo Gesù ma a tutti gli uomini religiosi. Mi sembra di sentirla mentre attesta: “Quando la religione viene coniugata sul registro dell’appartenenza nazionale o di gruppo non poche volte finisce per esprimersi con accenti razzisti propri di chi si ritiene superiore e perciò col diritto di disprezzare chi non può avere accesso a quella religione perché non può avere accesso a quella patria o a quel gruppo. Attenti – sembra ripetere la fede di quella donna – che Dio può diventare soltanto una copertura per il vostro bisogno di potere e di controllo. La forza di una religione, infatti, è proprio la debolezza della fede: quando questa è poca, il vuoto della fede corre il rischio di essere colmato con il rafforzamento di strutture o con un rito che non sembra più mettere in contatto Dio con l’uomo. Guai a voler catturare Dio all’interno di uno schema: vi precludereste la possibilità stessa che Dio possa ancora parlarvi come e quando a lui piace”…

Questa donna pagana che probabilmente non sa il credo ma sa il cuore di Dio e lo sa dal più profondo del suo cuore, travolge ogni esitazione attestando che la sovrabbondanza del dono di Dio non è certo bloccata dal rifiuto degli uomini e che l’abbondanza della tavola di Dio può saziare la fame anche dei più lontani. Basterebbero le briciole! grida la donna. Quali provocazioni in questa affermazione: basterebbero le briciole!

Questa donna ha creduto che di fronte a Dio ciò che fonda, se così si può dire, un qualche diritto è la sofferenza. La sofferenza viene prima di ogni altra ragione e di ogni religione.

La sua è una fede che, messa a dura prova, ne esce purificata e rafforzata, al punto da incantare Gesù. Tale fede ci attesta che l’incontro con Gesù non si realizza nella pratica stanca e abitudinaria di un cristianesimo considerato come un’eredità che ci troviamo fra le mani, ma si compie in un rapporto personale, sempre nuovo e sempre da rinnovare.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM