Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 10 Febbraio 2022

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Cosa non è disposta a fare una mamma addolorata per un figlio sofferente, infelice, col cuore malato? Cosa non siamo disposti a fare noi per una persona che amiamo e che sta male? Davanti al dolore, al desiderio di vita per coloro ai quali vogliamo bene, possiamo avere due reazioni: una è l’impotenza, che genera a sua volta frustrazione e ci blocca; oppure empatia e tenerezza, che ci mettono in moto. Sono emozioni che ci dinamizzano pur sapendo che non potremo guarire noi la persona a cui vogliamo bene, ma abbiamo fede e speriamo. E la speranza ha gambe veloci. Vedere soffrire chi amiamo può produrre in noi un dinamismo inaspettato fino a rischiare tutto, fino a farci quasi perdere il “contegno”.

Come la siro-fenicia, una mamma disperata che, in realtà, forse ha il coraggio di giocarsi tutta se stessa proprio perché ha fede. È una donna che spera attraversando il dolore, non arrendendosi ad esso. Questa sua corsa contro il tempo e lo spazio ha come meta Gesù. Lui è il solo che può alleviare il nostro dolore e liberare il cuore di chi amiamo. E Gesù va al di là del nostro modo di essere, di pensare, di vestire, perché guarda il nostro cuore e col suo sguardo di tenerezza ci dice che il dolore umano non ha lingua, nazionalità, mode o tempi. Il dolore si accoglie, con fede.

È sempre il momento giusto per correre incontro a Gesù e bussare alla sua porta. Non lo disturbiamo mai. È lui l’unico che può guardare oltre i condizionamenti umani e leggere chiaro il nostro cuore per guarirlo e portarlo a vita nuova. Mistero della fede.

Suore Ausiliatrici

Rete Loyola (Bologna)


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato