Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 9 Febbraio 2022

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In questo secondo brano tratto dal capitolo sette del vangelo di Marco, i farisei e gli scribi sono assenti. Eppure la parabola che il Maestro costruisce per la folla incornicia un quadro dove all’interno sono disegnate le convinzioni di chi attinge alla Parola anteponendo una lettura legalistica all’amore per gli altri.

Il tema resta ancora la normativa alimentare che distingueva i cibi kasher (leciti) da quelli taref (non leciti). Non si tratta solo di cibo e bevande né di semplici consuetudini legate alla geografia o ad uno stile di vita sociale. Si tratta di una legislazione riportata dai testi della Torà, i primi libri della Parola che hanno un valore normativo del tutto particolare.

La parabola di Gesù non sarebbe stata compresa né accettata dagli interlocutori del testo di ieri. Forse nemmeno dalla folla presente nel brano di oggi. Leggiamo che anche discepoli non la comprendono perché non ancora del tutto svincolati da un retaggio legalistico.
Mentre l’episodio di ieri metteva in evidenza la scelta tra tradizione e Parola, ora il Nazareno insegna ai suoi amici a comprendere il senso profondo della Parola stessa.

Non è un invito a trasgredire le leggi consumando, ad esempio, carne di animali proibiti. Il Signore invita piuttosto ad evitare quella ipocrisia che si concentra sul consumo dei cibi leciti dimenticando quanto renda più impure le persone ogni volta che agiscono secondo i loro interessi.

Marco riporta le parole dell’Emmanuele precisando dodici “propositi di male”. C’è ben altro oltre l’alimentazione. È tutto l’orizzonte umano che viene chiamato in causa.

Troppo spesso è impuro ciò che esce dalla fragile creatura umana. Più che gli alimenti, l’impurità si contrae tutte le volte che si antepone se stessi alla chiamata di Gesù di servire i fratelli.

Ai Dodici discepoli scelti dal Signore per proclamare l’avvento del Regno di Dio si contrappongono dodici propositi di male, conseguenza della superbia umana.

Per riflettere

Gesù è il Pane di vita. Il Signore è il cibo puro che porta alla santità, l’unico alimento che ci sostiene nella nostra fragilità quotidiana.
Senza l’Emmanuele emergono le difficoltà e la percezione del cammino da intraprendere. Abbiamo una Luce che ci guida e ci invita a credere in Lui.


AUTORI: I commenti di questo mese sono curati da Massimo Salani
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi