AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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“Ascoltatemi tutti e intendete: non c’è nulla fuori dell’uomo che entrando in lui possa contaminarlo; sono le cose che escono dall’uomo quelle che contaminano l’uomo”.
Con una chiarezza cristallina, Gesù nel vangelo di oggi ci libera in un colpo solo da una visione superstiziosa della vita. Troppe spesso siamo convinti che le cose che viviamo, che proviamo, che ci accadono portino con sé non una neutralità ma un “male o un bene”.
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Pensando ciò ci deresponsabilizziamo perché facciamo dipendere la nostra vita dalle cose, dalle situazioni, dalle sensazioni. Uno che subisce non può essere uno che ne è anche responsabile, è sempre vittima, mai protagonista. La situazione di comodo di chi si pensa sempre vittima, e di chi pensa che basta gestire le cose e le situazioni per essere dalla parte giusta, ci fanno dimenticare che l’ultima parola sul nostro destino non è consegnata alle circostanze, alle situazioni, o persino alle nostre emozioni, ma è consegnata al cuore, cioè alla posizione che in maniera unica e personale noi prendiamo davanti alla vita.
In termini semplici dovremmo dire che ciò che conta non è se moriamo o meno di cancro, ma chi abbiamo deciso di essere davanti a quel cancro che ci è capitato o come abbiamo deciso di vivere quello che ci è capitato. In questo senso il cuore conta. Non conta come principio emotivo, ma come luogo decisivo in cui decidiamo la vita.
E se ciò è vero per il bene, allora è altrettanto vero per il male. “È quello che esce dall’uomo che contamina l’uomo; perché è dal di dentro, dal cuore degli uomini, che escono cattivi pensieri, fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, frode, lascivia, sguardo maligno, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive escono dal di dentro e contaminano l’uomo”.
Si è cattivi o buoni puri o impuri, non per quello che ci accade, o per quello che c’è intorno a noi, ma per quello che decidiamo, scegliamo e assecondiamo nel cuore. Il vangelo così ci invita a un protagonismo vertiginoso.