Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 8 Febbraio 2022

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Cosa abita il nostro cuore?

Con parole accese oggi Gesù ci mette in guardia, ricordandoci che la relazione con il Signore non è questione di prestazioni offerte, ma di “cuore”, cioè di ciò che lasciamo prenda dimora nel nostro profondo, e dal quale scaturiscono poi azioni e parole. In quest’ottica tutto il testo può essere letto come un accorato appello del Signore a vagliare cosa abita il nostro cuore, perché solo operando questo discernimento è possibile imboccare la via che conduce alla vita. Certo non è semplice, tanto che Gesù stesso arriverà a parlare di porta stretta (cf. Lc 13,24), e tuttavia è essenziale.

Marco nel testo di oggi ci riporta la crisi suscitata da un incontro. Alcuni farisei e scribi, giunti da Gerusalemme, dal cuore osservante della legge di Dio, sorpresi per il comportamento dei discepoli, chiedono a Gesù: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi?”. La domanda sembra legittima: la tradizione nasceva da un tentativo di tradurre in concretezza di vita i comandamenti di Dio, voleva essere un aiuto nello sforzo di conformazione alla volontà di Dio. Perché non osservarla, allora? 

Gesù nel rispondere (e lo fa con toni decisamente accesi) svela l’errore di fondo di un tale ragionamento: l’osservanza anche scrupolosa di una pratica religiosa non è garanzia di relazione con il Signore. Credervi è un’illusione, getta nell’ipocrisia, nella doppiezza di una vita scollata dalla sua sorgente. Questa relazione si gioca su un altro piano, ben più profondo, come il profeta Isaia che qui Gesù cita ben aveva compreso: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me” (v. 6) 

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A leggere bene il testo impressiona il fatto che la parola “tradizione” compaia bene sei volte in pochi versetti, mentre le parole “comandamento/Parola di Dio” compaiono solo tre volte. Inoltre, a “tradizione” è sempre associato il verbo “osservare”, a “comandamento/Parola” sono invece associati i verbi “trascurare”, “rifiutare”, “annullare”. Non dovrebbe forse essere il contrario? Non dovrebbe avere più spazio ciò che è più essenziale per una vita nel Signore? E se qualcosa può essere trascurato questo qualcosa certo non può essere ciò che è fonte di vita! Gesù stesso lo dirà in modo esplicito: “se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti” (Mt 19,17). In gioco c’è la vita, il suo senso profondo.

Perché, allora, noi ci ostiniamo a trascurare la Parola di Dio in nome di precetti umani? Perché conformarci ad una Parola altra da noi ci costa di più che conformarci ad una parola (la nostra) che tocca solo la nostra esteriorità: la Parola di Dio ha un prezzo. Che cosa è più facile infatti: pulire l’esterno di un bicchiere o lavare e purificare (cf. Is 1,16) il nostro cuore? Offrire come dono spirituale i nostri beni (in questo potremmo attualizzare la pratica del korban) o prenderci cura, con quel che siamo e con quel che abbiamo, di chi ci è vicino ed è nel bisogno?

Il Signore non ci chiede atti di culto, come tutta la tradizione antica già attestava (basti leggere il salmo 50); ci chiede invece giustizia, misericordia, fedeltà (cf. Mt 23,23). La relazione con lui passa sempre attraverso la relazione con i fratelli e le sorelle. 

sorella Annachiara


Fonte

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