p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 4 Febbraio 2022

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Il brano odierno è provocatorio nel riflettere sul potere. È un brano che si dilunga nei particolari e che non crea un grande coinvolgimento per quanto viene a dire.

Ma il potere può creare condivisione? Condivisione di ideali, condivisione di utili, condivisione di scelte, condivisione di qualsiasi genere? Il potere può avere un’attenzione al bene comune o, presto o tardi, manifesta tutta la sua ingovernabilità nel cercare di prendere tutto il possibile per se stesso, magari cercando di salvare le apparenze?

Il potere ci sarà sempre e le lobbie di potere non verranno mai meno. Ma non è tanto questo il problema. Come il problema non può essere quello di volere rovesciare il potere per metterne su un altro: lo definirei uno spreco di energie. Anche perché il potere che succede ad un altro potere poche volte si manifesta più illuminato del precedente. Il più delle volte si manifesta come più arrogante, illuso come è di essere meglio del precedente.

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Quando un potere si ritiene meglio di un altro, si sente puzza di bruciato. Se uno ha bisogno di confermare se stesso e di dire che è migliore, basandosi sull’essere minore dell’altro, significa che la sua posizione è debole e ha bisogno di rafforzarsi sul nulla.

È sport di tutti i giorni mostrare come la nostra azione sia migliore della precedente, naturalmente non lasciando la possibilità alla precedente di potere dire la sua. L’artigiano che viene dopo è più bravo di quello di prima e non perde occasione per mostrare la incapacità del precedente, il più delle volte inventando dei difetti del lavoro precedente o facendoli diventare più grossi di quello che sono. Il medico che opera dopo, mostra tutti i difetti di colui che ha operato prima; cosa facile: i difetti di quello prima si vedono soprattutto perché il fisico non reagisce come si sarebbe sperato, mentre gli effetti dell’azione dell’oggi ancora non sono visibili. L’architetto che viene dopo, e il commercialista che subentra, e il parroco che entra nella parrocchia, è più bravo perché cambia tutto, anche se non se ne capisce il perché.

Il gioco del potere è perverso e coinvolge continuamente il nostro quotidiano. Nessuno ne è immune, chi si ritiene tale è colui che rischia di essere maggiormente indagato e coinvolto.

Fino a che non sarà la condivisione a creare un potere, il potere non creerà mai la condivisione. Condivisione significa dare dignità ad ognuno, ben sapendo che non tutti possono dare lo stesso apporto. Vi sono dei bravi leader, come vi sono dei bravi soldati semplici. Poco importa il ruolo che uno assume, ciò che importa è che sia il suo ruolo e che, questo ruolo, sia vissuto come servizio a tutto. Se il potere fa gioco di squadra e vive grazie alla squadra, allora il potere più facilmente sarà servizio alla squadra stessa. Riuscire a sentirsi corpo e smetterla di vivere ogni cosa come un insieme di teste individuali e mai personali e comunitarie, è la scommessa dell’oggi.

Per questo chi ha potere dovrebbe imparare a vivere come se non ne avesse, perché la sua vita non dipende da quello, tantomeno la sua dignità. Essere bravi e buoni perché così è bello e perché così posso donare qualcosa di buono e di bello all’umanità, è il vero segreto del servizio dell’autorità del cristiano. Diversamente saremo sempre alla ricerca dei posti d’onore, dei monsignorati, dei riconoscimenti del parroco di turno, dell’avere un ruolo predominante davanti agli altri.

Più il potere si ritiene tale, importante ed essenziale, più il potere avrà bisogno di tagliare la testa al Battista di turno. Più il potere riscoprirà il suo essere al servizio e più diventerà frutto di condivisione e di comunione, creerà condivisione e comunione, voglia di creatività e di essere partecipi di una cosa che non importa quanto grande sia, importa possa essere vera.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM