“Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello” dice Giovanni a Erode. Malgrado la violenza delle catene e dell’odio di Erodiade continua a dire le parole della Torah. Il libro del Levitico afferma: “non scoprirai la nudità di tua cognata: è la nudità di tuo fratello” (Lv 18,16). Giovanni è fedele all’insegnamento della Torah che ha a cuore la dignità e il rispetto di ogni essere umano per mezzo di norme concrete. Nella libertà o nella prigionia, nel successo come nella prova, Giovanni persevera nel predicare le parole della Torah (era un uomo giusto e santo riconosce Erode) senza timore per la propria vita. Egli denuncia l’atteggiamento ingiusto del re.
Nella sua libertà interiore Giovanni “non ha soggezione di alcuno, è veritiero e insegna la via di Dio secondo verità”. È così che gli erodiani dissero di Gesù di cui Giovanni fu maestro (cf. Mt 22,16). Giovanni resta saldo, accettando di attraversare la persecuzione piuttosto di rinnegare la propria vocazione: essere voce della Parola di Dio. E ne subisce le conseguenze.
Lui che ha rinunciato al potere religioso (avrebbe potuto essere sacerdote come Zaccaria suo padre) si ritrova in balia del delirio di onnipotenza e di concupiscenza di Erode: “la ragazza danzò e piacque a Erode che le disse: chiedi mi quello che vuoi e io te lo darò”. La giustizia di Giovanni rivela l’ingiustizia dei potenti di questo mondo. L’insegnamento della Torah conosciuto come “i dieci comandamenti”, nella sua sapienza divina che conosce il cuore umano, ammonisce l’ascoltatore affinché non ceda al peccato accovacciato davanti alla sua porta (cf. Gn 4-7): “Non desidererai la moglie del tuo prossimo, non pronuncerai invano il nome del Signore, non ucciderai…” (Es 20,2-17). Così vediamo il delirio di onnipotenza di Erode nel tentare di appropriarsi persino la figlia della moglie di suo fratello, nel giurare più volte e nell’ uccidere Giovanni.
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Possiamo chiederci: da dove vengono la prepotenza e il sentimento di onnipotenza se non dalla percezione inconscia della propria schiavitù interiore? È una reazione all’inconsistenza interiore. Erode è schiavo della concupiscenza sessuale. È schiavo dell’illusione del potere assoluto del quale la Torah mette in guardia: “Non avrai altri dèi di fronte a me” (Es 20,3). È schiavo della paura di perdere la faccia davanti ai commensali a causa dei giuramenti: “Non pronuncerai invano il nome del Signore” (Es 20,7). Vediamo così quanto la Legge, la Torah, guidi il credente verso una strada di salvezza da sé stesso. La relazione con il Signore attraverso l’adesione libera ai suoi comandamenti gli dà la consistenza di figlio o figlia del Padre. La via scelta e percorsa da Giovanni, compresa e portata a compimento da Gesù è via di liberazione da paure e schiavitù, via feconda che continua ancora a dare vita ad ogni generazione di credenti; invece gli “Erodi” di turno, nella loro stessa prepotenza restano sterili.
“I giusti che muoiono sono nella mano di Dio, agli occhi degli stolti sono considerati dei morti ma essi sono nella pace per sempre”. (Sap 3,1-9).
sorella Sylvie
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