Paolo Curtaz – Commento al Vangelo di domenica 6 Febbraio 2022

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Vibrano

Vibrano gli stipiti delle porte del tempio di Gerusalemme, perché Dio lo riempie col lembo del suo mantello. E Isaia, affascinato, scosso, travolto da tanta bellezza, misura la distanza tra la sua poca fede e l’immensa bellezza di Dio.

Vibra di passione il più piccolo fra gli apostoli che difende la comunità che ha evangelizzato e che viene turbata da presunti “super-apostoli” che denigrano il suo annuncio, primi di una lunga serie di sé-dicenti avvocati di Dio.

Vibra il cuore di Simone, disincantato e stanco dopo una lunga e infruttuosa notte di pesca, che si ritrova, lui uomo di corda e di acqua, di odore di pesce e di notti insonni, a dare retta a quel perdigiorno di falegname e gli impresta la barca.

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Vibrano i nostri sensi, la nostra intelligenza, quando ci abbeveriamo alla Parola che illumina e orienta la nostra settimana. Bussola per condurre la nostra barca in questi tempi di onde agitate, di paure irrisolte, di comunità in affanno.

Vibrano gli stipiti, perché Dio riempie le nostre piccole vite.

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Ressa

La folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio.

Perché siamo assetati di parole divine, di parole che costruiscono, illuminano, orientano, incoraggiano, svelano, scuotono, riempiono.

Ascoltano le riflessioni dei rabbini, dei guaritori, degli scribi e quelle severe e credibili dei farisei, ma nessuna parola rimanda a Dio come quelle del Nazareno.

Nessuna accarezza l’anima. La accende. La provoca. Nessuna.

Allora fanno ressa, si accalcano, sgomitano per stargli accanto. Hanno camminato per ore, attirati dalle notizie che giungono dal lago e, infine, siedono, assetati.

E Gesù li disseta.

Quando qualcuno con le sue parole ci smuove e ci spinge verso un mondo nuovo tutto, in noi, fiorisce.

Certo, alcuni ci manipolano, ci blandiscono, sono dei piazzisti, abili nel sedurre.

Allora le loro parole prima accendono ma, ben presto, si affievoliscono e non lasciano traccia.

Altri invece, colpiscono come un pugno in pieno volto.

E ci cambiano la vita.

Gesù è così. Perché proferisce le parole stesse di Dio.

Delusioni

Mentre parla vede, con la coda dell’occhio, quei tali che stanno riassettando le reti.

Sono stanchi, si vede dai loro gesti affaticati. Sono delusi, lo immagina, vedendo le ceste tristemente vuote di pesci. Tacciono. In cuor loro, probabilmente, stanno giudicando quel perditempo che arringa le folle. E le folle che non hanno di meglio da fare di perdere il loro tempo ascoltando un idiota.

E decide di coinvolgerli. Ha bisogno della loro barca.

Quella vuota.

Lo pregò di scostarsi un poco da terra.

Gesù prega Simone. È gentile. Rispetta il suo dolore. Non irrompe nella sua vita sguaiatamente. Sa che in certi momenti della vita le parole hanno un peso. E possono definitivamente incrinare e distruggere.

Così fa con noi, il Signore.

Ci raggiunge alla fine della notte. Quando le ceste sono vuote. E davanti abbiamo ancora una lunghissima giornata da portare a compimento.

Sale sulla mia barca vota, in secca. Colma solo di fallimenti, di giudizi negativi, di peccato, di delusione, di amarezza. Come spesso accade. Anche se siamo discepoli. Anche se lo siamo da lunga data. Anche se, generosamente, abbiamo donato la nostra vita al Signore, spendendola per il Vangelo.

E, con garbo, pregando, ci invita scostarci dalla secca. Un poco, all’inizio.

Quella minima distanza necessaria a poter udire le sue parole divine e non il sordo brusio del nostro scoraggiamento e delle nostre lamentele.

Poi, quando Pietro, e noi, cominciamo a fidarci, osa.

Prendi il largo.

Non ha senso. Non ne hai la forza. Forse non lo vuoi nemmeno. Ma l’invito è troppo gentile. E vai.

Sulla tua parola. Perché le tue parole mi hanno scosso.

Stupori

Pescano, e accade. La nave quasi affonda, serve aiuto.

Tutti sono indaffarati ed eccitati dalla pesca inattesa e sovrabbondante.

Tutti, eccetto Pietro. È scosso. Invaso dallo stupore, lui e gli altri, annota Luca.

Stupito e stordito. Le emozioni debordano. Invadono ogni angolo della sua mente.

Gesù ha chiesto una barca vuota. La restituisce colma.

Anche il cuore di Pietro è colmo. Spaventato.

Dunque è così? Dio ti prega di aiutarlo? Anche quando sei sfinito e demotivato e arrabbiato? Anche quando non hai più né forza né desiderio? Sì, certo.

Pietro vede la sua ombra, davanti a tutta quella luce. Un’ombra cui, pure, Gesù non ha fatto nemmeno cenno. Di cui non ha tenuto conto. Ha visto la barca vuota. Ha visto il suo volto deluso. Ha visto il suo limite.  Ma non si è fermato.

Si butta in ginocchio, ora, Pietro.

Allontanati da me, sono un peccatore.

Sì, è vero. E allora? Pensi davvero, Pietro, che il tuo limite limiti Dio?

Essere consapevole dei propri limiti è la condizione migliore per avvicinare dei fratelli e delle sorelle, per diventare pescatore di umanità.

Siamo noi che vorremo essere puri e perfetti. Siamo noi che vorremmo essere lindi e immacolati. E sempre in forma. E coerenti. E credibili. Ed ammirevoli. Ed esemplari.

A Dio serve una barca. Meglio se vuota.

Se sgombra da tutte le nostre ansie e da tutti i nostri sogni di gloria.

Questo è il vero miracolo.

Vibrano, gli stipiti del nostro cuore.

Dio ha bisogno di me.

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