p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 1 Febbraio 2022

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Dobbiamo essere attenti a non diventare profittatori del dolore del prossimo, per fare scattare un’attenzione per cercare di trasmettere la fede. Il dolore del prossimo non è un luogo di caccia, il dolore del prossimo è un luogo di incontro, se lo sappiamo vivere. Il deserto del dolore è prima di tutto luogo di incontro che provoca ognuno di noi all’incontro. Non cedere alla fretta dei nostri impegni e della nostra agenda. Accogliere un padre che soffre per una figlia dodicenne gravemente malata; fermarsi a toccare e a parlare con una donna malata da dodici anni. Il dolore mio e dell’altro è provocazione a me per liberarmi dalle mie sovrastrutture temporali per accedere ai territori beati dell’incontro.

È lasciare che la fede germogli in me perché possa incontrarsi con quella del prossimo. Il dolore non può essere luogo e tempo sbrigativo, come non può essere luogo e tempo per una malsana passione profittatoria della debolezza dell’altro.

Il dolore è un luogo vitale che nessuno sceglie ma che tutti viviamo. Siamo chiamati a viverlo in verità e profondità, con pudore e con attenzione. Solo così l’incontro sarà possibile, solo così l’uomo sarà più uomo e la donna sarà più donna. Da lì nascerà e continuerà ad esservi fede, da lì nascerà e continuerà ad esserci un incontro vero.

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Cosa mi dice il dolore di un padre che sta perdendo la propria figlia dodicenne. Cosa mi dice la possessività di questo dolore; cosa mi dice la disperazione per questo dolore. Cosa mi dice il coraggio di una donna impura che sta in mezzo alla folla contro ogni legge: contro ogni legge vuole toccare e tocca Gesù. Quale fede scaturisce da una vita dolorante. Non è tutto oro ciò che luccica, ma non possiamo non accogliere il fatto che il dolore sia una delle esperienze più profonde e più devastanti della nostra esperienza umana.

Fino al giorno prima eri il padrone del mondo, del tuo mondo: potevi fare di tutto, in tutto eri autonomo. Da un giorno all’altro sei una larva, non sei più autonomo neanche nelle funzioni più vitali come il cibo e il bagno. Cosa può dire a noi sani e cosa può dire a noi malati una realtà di questo genere. A volte mi pare che siamo diventati così poveri, da non sapere più dialogare col nostro dolore e col dolore del nostro prossimo. Ma sono due realtà importanti e centrali della nostra esistenza.

La disperazione per una malattia e per una morte, dice un’incapacità a vivere, una povertà straziante. Ma noi cosa facciamo di fronte a questo? Diamo delle ricette facili o ci lasciamo toccare e andiamo a toccare? Siamo donatori di speranza o siamo dispensatori di disperazione?

Ci lasciamo toccare nel cuore, dal dolore del prossimo, o il dolore è ormai solo una immagine o una notizia che scordiamo in fretta incalzati dalla notizia successiva? È un momento da passare velocemente o è un luogo di vita e di incontro? È un luogo per dire che non ho tempo e gestirlo sbrigativamente, o è un luogo a cui dare tempo e soprattutto qualità di tempo?

Non abbiamo tempo per andare a trovare i malati, che è una delle opere della evangelizzazione, un gesto che concretizza la Parola. Ma a quante macchine, a quanta carta, a quanta burocrazia diamo il nostro tempo? Lo facciamo perché sono cose importanti o lo facciamo solo per timore che altrimenti poi ci mettano nei guai? Forse è tempo di rivoluzionare questa società malata che pensa che tu esista solo se hai un timbro o un pezzo di carta. Pensi che più carte tu abbia e più timbri tu riceva, tu esista di più. Povera vecchia società schiava delle sue leggi sempre più numerose e sempre più autoreferenziali: non sta facendo altro che scavarsi la fossa con le sue mani. Il bello è che ce ne stiamo accorgendo e ce ne lamentiamo, ma non facciamo nulla per ribaltare questa deriva insana, non facciamo nulla per salvarci dall’oblio di carte e di files pretenziosi e sempre meno sensati.

Noi comunità cristiana abbiamo il dovere di evangelizzare questo mondo e credo che un modo di evangelizzare sia proprio quello di rivoluzionare questa malasanità burocratica che uccide il cuore dell’uomo e lo porta lontano da Dio, lontano dal prossimo, lontano dalla vita. Quella vita che ha una sua espressione importante proprio nel momento del dolore e della disperazione.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM