Oggi si è compiuta questa Scrittura
La pagina evangelica di questa domenica è la continuazione del brano proclamato domenica scorsa. La continuità è sottolineata dalla ripresa del verso finale del brano precedente (v. 21), che diviene l’apertura di quello odierno. La scena ci presenta gli astanti nella sinagoga di Nazaret con gli occhi puntati sul Maestro, che annuncia una Parola forte e chiara: l’Antica Alleanza si compie nell’oggi del Messia. La Scrittura diviene Parola viva, in Cristo Gesù, nell’oggi della storia.
In ogni liturgia della Chiesa, specialmente nella Santa Messa, con la mensa della Parola e dell’Eucaristia, siamo condotti a questo incontro con il Verbo, la Parola viva del Padre, che parla al nostro cuore e si fa nostro cibo e bevanda. Gesù ci ricorda che il Vangelo non perde mai il suo mordente, ma continua ad essere fonte di luce, di vita e di calore per l’oggi di ogni uomo. L’oggi, che Gesù pronunciava duemila anni fa in quella sinagoga, è anche il nostro oggi. È il tempo opportuno del nostro incontro con Lui, nel presente vero e concreto del nostro esistere, senza rimpianti che guardano al passato, di “quando si stava meglio” o al futuro del “quando le cose cambieranno”.
Queste parole di grazia di Gesù, che riempiono i cuori di meraviglia e muovono tutti i presenti a parlare bene di Lui, provocano anche noi ad una seria riflessione sul nostro modo di concepire il tempo e la storia. Come cristiani di questa generazione, siamo invitati a prendere sul serio il valore del tempo che viviamo, dono di Dio per la nostra crescita, l’esercizio della vera carità e la preparazione all’incontro definitivo con Lui nell’eternità. In questo frangente si gioca la nostra salvezza. Il passato, infatti, per quanto ricco di ricordi e di rimpianti, non è più, perché appartiene all’infinita Misericordia di Dio.
- Pubblicità -
Il futuro, allo stesso modo, non è ancora, perché appartiene totalmente alla sua Provvidenza. È solamente nel presente, invece, che ciascuno di noi è chiamato a vivere in pienezza, senza sprecare i doni di grazia ricevuti e le opportunità che ci vengono concesse. È importante chiedersi allora: che valore diamo al nostro presente? Siamo consapevoli che lì si gioca il destino ultimo della nostra eternità? Coloro che ascoltavano la Parola di Gesù, come di un vero profeta mandato da Dio, erano spesso animati da un certo pregiudizio nei suoi confronti. Da una parte erano orgogliosi della sua provenienza, perchè conoscevano la sua famiglia, suo padre e sua madre, ma dall’altro, questo poteva divenire pregiudizievole verso l’accoglienza del suo messaggio: “venne fra i suoi e i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11).
Gesù conosce i cuori, per questo il suo parlare diviene forte e pungente: spesso – come è accaduto agli antichi profeti Elia ed Eliseo – la parola del profeta non viene riconosciuta, ma è più incisiva nei lontani, che nei vicini. Che grande provocazione anche questa! Talvolta noi, che ci sentiamo più familiari con Lui, perché cristiani praticanti, “esperti di cose sacre”, siamo proprio i più duri di cuore nell’accogliere la sua Parola! Quella Parola, dolce all’inizio, diviene amara per chi è chiamato a cambiare direzione e a riconoscere la propria durezza di cuore.
È illuminante l’immagine che ci viene offerta dal libro dell’Apocalisse: “Allora mi avvicinai all’angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: “Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele”. Presi quel piccolo libro dalla mano dell’angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l’ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l’amarezza” (Ap 10,9-10).
Gli applausi iniziali diventano subito manifestazioni di sdegno verso Gesù. È la stessa dinamica di quella medesima folla che, dall’Osanna della Domenica delle Palme, passa al “crucifige” del Venerdì Santo. Ogni vero profeta, come ci insegna la Scrittura, si identifica con il proprio messaggio ed è pronto a perdere la propria vita per l’annuncio della verità, senza riserve e senza compromessi. Gesù, il Vero e Sommo Profeta, il Verbo fatto carne, ne è l’esempio più alto.
La sua Pasqua, però, non è un incidente di percorso, ma il compimento di un cammino da Lui pienamente voluto e realizzato, nel tempo e nel modo stabilito per la sua consegna totale al Padre per amore verso di noi.