«PERCHÉ AVETE PAURA?»
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
Sono le parole che Gesù rivolge ai suoi discepoli dopo aver sedato la tempesta, mentre poco prima la banca, ormai piena d’acqua, stava per affondare, e lui – come scrive l’evangelista Marco – «se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva». Chi di noi non avrebbe avuto paura in una situazione simile? Eppure, è proprio nelle situazioni più critiche, quando ogni sicurezza umana sembra vacillare, che entra in campo la fede nella sua forma più pura e più alta. La fede intesa come abbandono totale e incondizionato alla Bontà di Dio. Quella che esprime, ad esempio, il salmista quando esclama: «Dio è per noi rifugio e fortezza, aiuto infallibile nelle angosce. Perciò non abbiamo paura se trema la terra, se vacillano i monti nel fondo del mare» (Sal 46,2-3). «Non abbiamo paura!».
Ecco il sigillo di autenticazione della vera fede, ovvero della fiducia perfetta nell’amore di Dio. San Giovanni, infatti, scrive: «Nell’amore non c’è paura, al contrario l’amore perfetto scaccia la paura…». (1Gv 4,18). La paura è un sentimento umano a volte inevitabile. Anche Gesù, come si legge nello stesso vangelo di Marco, «cominciò a sentire paura e angoscia» nel Getsemani. Ma poi scaccia la paura attraverso la preghiera di abbandono al Padre: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu».
È questa la preghiera che vince l’angoscia e ogni paura! Non è la pretesa di essere liberati dalla morte. Gesù, infatti, non ha ottenuto la liberazione dalla morte. Ma, come scrive la lettera agli Ebrei, la sua preghiera è stata nondimeno esaudita «per la sua pietà», cioè per «il suo pieno abbandono al Padre» (cf. Eb 5,7). Aveva chiesto che si compisse la volontà del Padre e l’ha ottenuto. Per questo la paura si è diradata e nel suo cuore è tornata la pace di colui che è pronto a bere il calice della Nuova Alleanza.
Anche il re Davide vive il suo Getsemani: per sette giorni digiuna, dorme a terra ed eleva suppliche a Dio per il suo bambino malato. Ma il bambino muore. A quel punto il re non si dispera ma riprende la sua vita normale: si alza da terra, si lava, va nella casa del Signore e vi si prostra e, rientrato in casa, chiede che gli portino cibo e mangia. La preghiera non aveva ottenuto la guarigione del figlio, ma aveva allontanato il senso di angoscia e di disperazione per la sua perdita.
L’unica vera paura che dovrebbe avere chi ha fede in Dio è quella di peccare, cioè il santo timore di Dio. Scrive santa Teresa d’Avila: «Non si ha paura di vivere in mezzo a leoni sempre pronti a divorarci, voglio dire in mezzo a ciò che il mondo chiama onori, piaceri ed altre simili soddisfazioni, e poi ci lasciamo intrappolare dal demonio con una ragnatela!… Quanto ciò mi rattrista!» (Libro della vita, Cap. XXXV,15)
O Maria, che il nostro agire non sia mai dettato dalla paura, ma solo dalla ricerca di ciò che è giusto dinanzi a Dio, per camminare sempre nella pace e compiere in modo perfetto la sua santa volontà. Amen.