Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 22 Gennaio 2022

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La traduzione di questi due versetti presenta qualche difficoltà: l’espressione “i suoi” molto spesso indica non tanto i parenti ma i seguaci, i discepoli, e inoltre, non è chiaro quale sia il soggetto del giudizio su Gesù. Si può intendere il v. 21 in questo modo: “i suoi (discepoli o parenti) sentirono la folla che circondava la casa e uscirono a prenderlo perché (la folla) diceva: È fuori di sé”. L’opinione che la gente si è fatta di Gesù spinge i suoi, parenti o discepoli, a intervenire.

Ma che cosa significa “fuori di sé”? Perché Gesù è ritenuto “fuori di sé”?In realtà non è “fuori di sé”, ma è “fuori” dal coro, dalla logica e dalla mentalità comune. Dice parole “altre”, si comporta in modo “altro”. I primi capitoli del vangelo di Marco ci hanno raccontato i segni posti da Gesù che ha inaugurato la sua predicazione dichiarando che il regno di Dio è vicino e ha manifestato questa prossimità del regno di Dio con un insegnamento nuovo, autorevole (cf. Mc 1,22); con il perdono dei peccati, con la restituzione della salute ai malati, con la sua vicinanza ai peccatori. È un agire inconsueto, fuori dalle norme usuali.

Un agire che desta interrogativi, che scuote dal torpore e infastidisce molti perché scardina ogni frontiera tra sano e malato, tra giusto e peccatore. È la rivelazione dell’amore folle di Dio, un amore tale per le sue creature che lo ha spinto a inviare il Figlio a mescolarsi con le gioie e i dolori di uomini e donne che avevano perduto l’originaria somiglianza con colui che li aveva creati. “Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini”, dirà Paolo (1Cor 1,25).

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Stoltezza verrà giudicata quella passione d’amore che giunge fino a donare la vita sulla croce. Stoltezza viene giudicata oggi al pari di ieri quella passione d’amore che spinge i discepoli di Gesù di Nazaret a rispondere alla follia d’amore di Dio, a testimoniarla là dove vivono, confondendo i sapienti secondo il mondo, denunciando l’ingiustizia e i soprusi, svelando l’ipocrisia, soprattutto quella religiosa, che assume a volte le apparenze di una scena teatrale, e scegliendo di condividere le sorti degli ultimi, dei piccoli, di quelli che non contano nulla agli occhi del mondo. 

Nel corso della storia, vi furono uomini e donne credenti che assunsero le sembianze di malati di mente per meglio contestare un mondo e una chiesa fondati su un “disordine costituito” e annunciare il vangelo scardinando un sistema di falsa religiosità. Sono i cosiddetti folli in Cristo che comparvero dapprima nell’Oriente cristiano e si moltiplicarono in seguito soprattutto in Russia. Ma gesti da folle in Cristo sono presenti anche nella tradizione cristiana occidentale; basta pensare a certi gesti di Francesco di Assisi.

Del resto, come osserva Olivier Clément, “il semplice fatto di tentare di essere cristiani non è forse da sempre una follia?”. Abba Antonio, monaco nel deserto egiziano nel iv secolo, diceva con parole che ben si adattano al nostro oggi: “Verrà un tempo in cui gli uomini impazziranno e, vedendo uno che non è pazzo, lo assaliranno dicendogli: ‘Sei pazzo!’, per il solo fatto che non è come loro” (Detti dei padri, Serie alfabetica, Antonio 25).

sorella Lisa


Fonte

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