don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 20 Gennaio 2022

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Ne veniva dalla frequentazione della sinagoga dove aveva messo al centro non più un testo sacro ma un uomo incapace di accogliere il dono di Dio. Lì, sfidando scribi e farisei attenti a coglierlo in fallo, aveva affermato che di fronte al bene di un uomo non c’è legge che tenga, neppure quella sacra del sabato.

Ed ora lo troviamo mentre ripiega verso il mare. Strana come scelta. Strana la decisione di abbandonare i centri del potere e operare là dove la gente vive, là dove l’uomo si misura con la propria infermità, con i propri limiti, persino con la propria incapacità ad avere una lettura corretta della realtà (come indica la presenza di spiriti immondi). Non è una strategia quella di Gesù, ma una scelta di fondo, un orientamento, uno stile ancora tutto da apprendere se è vero che il mare evoca il mondo del male, un luogo non da rifuggire ma da accostare con la forza che viene da Dio.

Quello spostamento è la traduzione del mistero dell’incarnazione: accanto all’uomo così com’è. Quasi voglia ribadire ancora una volta che finché non si è disposti a misurarsi con la condizione reale dell’uomo, si corre il rischio di crearsi un Dio a propria immagine e somiglianza e il rito di una sinagoga diventa fine a stesso, incapace com’è di restituire ciò che più sta a cuore a Dio: la misericordia, non il sacrificio, salvare una vita, non lasciarla perdere.

La folla intuisce che ora non è più Gerusalemme il luogo verso cui dirigere i propri passi. Dio ha scelto di abitare nella carne di quell’uomo galileo. Mc annota, infatti: ‘si recò da lui’. È solo muovendosi verso di lui che è possibile riprendere a sperare. Lo ribadirà con forza anche alla donna di Samaria che chiedeva quale fosse il luogo più adatto per poter adorare Dio. Non un luogo ma una persona sarà d’ora in avanti la via d’accesso a Dio.

Tuttavia, Gesù non prenderà nessuno per fame. La fame (il bisogno, in genere) crea sottomessi. Gesù non vuole dei sottomessi costretti al debito della riconoscenza a vita. Desidera, invece, uomini liberi che accettino di stare nella vita come egli ci è stato.

Non basta toccarlo quando si è disperati, non basta neppure riconoscere che egli è il Figlio di Dio, come professano gli spiriti immondi. Lo riconosce come tale solo chi si avventura per la sua stessa strada. Non prima di essere giunti al capolinea della sua vicenda, la croce. Solo allora, quando i miracoli cederanno il posto allo scandalo, solo allora sarà possibile riconoscerlo per quello che egli è. Prima di quel momento, ogni professione di fede correrà il rischio di una conclusione affrettata, sull’onda di un entusiasmo incapace di reggere lo smacco. Il miracolo non è quello di vedersi restituiti ad una integrità fisica ma quello di continuare a credere quando, umanamente parlando, non ci sarebbe ragione alcuna per farlo.

Non è forse così anche per l’amore vero? È facile amare chi ci ripaga con la stessa moneta. Non lo è affatto quando si sceglie di stare di fronte all’altro in pura perdita.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM