Quanto mai eloquente il gesto di cogliere le spighe da parte dei discepoli: la vita dispensa continuamente, ogni giorno, doni e opportunità da riconoscere e da cogliere, appunto, con riconoscenza. Eppure, chi resta ingabbiato in un regime di controllo, è incapace di stare così di fronte alla vita.
Sebbene il Signore stesso autorizzi quanto gli uomini vorrebbero impedire, c’è sempre una legge cui appellarsi quando non vogliamo misurarci con il reale così come accade. Invece di partecipare al riposo di Dio (di cui il sabato era memoria) hanno finito per subire il riposo di Dio. Per restare fedele al proprio schema mentale, qualcuno ha finito per stravolgere le intenzioni di Dio. Il sabato pensato perché i poveri potessero riposare dalle fatiche di tutti gli altri giorni, era diventato anch’esso un ulteriore peso. E così quella che era una legge di libertà era diventata l’avvallo di un’ulteriore espressione di schiavitù. Accadeva allora, accade ancora oggi.
Per quanto desideriamo essere affrancati da vincoli, è come se riuscissimo a ricordare solo l’esperienza della schiavitù finendo per adattarci ad essa e a cercarne di nuove. Sembra che il Dio della legge faccia meno paura del Dio che libera. La libertà, del resto, è meno confortevole perché più rischiosa. È più agevole produrre il “quantitativo giornaliero di mattoni” (Es 5,14), determinato da un codice spietato, che fare i conti con la propria libertà.
A piegare la schiena, forse, ci si abitua; la grossa fatica, invece, sta nel sollevare la testa, nel recuperare la posizione eretta.
Quando si corre il rischio di perdere il senso di una realtà: può succedere per il sabato, come per la domenica. Può succedere che ogni dono venga snaturato. Il massimo di questo snaturamento lo si ha quando il sabato, che è un dono per l’uomo, diventa invece un cappio. Già i rabbini mettevano in guardia Israele dicendo: “Osserva che cosa sta scritto in es 31,14. ‘osserverete il sabato perché è santo è per voi’. Il sabato è stato dato a voi, non siete dati voi in balia del sabato”.
Il vero significato del sabato è quello di salvare la nostra libertà più autentica perché custodisce da una parte la memoria della creazione e dall’altra quella della liberazione dall’Egitto. Si tratta di un giorno che ci restituisce la coscienza del nostro essere chiamati a libertà.
Sembrerà strano ma il primo oggetto definito santo nella storia dell’universo non è né un altare né un essere vivente. Questa parola viene usata per la prima volta alla fine del racconto della creazione quando Dio benedisse l’ultimo giorno e lo rese santo. Non ci sono oggetti santi, ma un tempo santo, vale a dire un tempo che partecipa della vita stessa di Dio. E’ giorno santo perché è il giorno in cui riprendere coscienza di ciò che di divino c’è nell’uomo, così da passare dai risultati del lavoro al senso del lavoro, dal mondo degli oggetti al cuore della vita.
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM