Oggi, come ieri, il Vangelo ci narra di “ molta folla “ che “ veniva a Lui “ e di Gesu’ che insegnava loro.
Cristo, pero’, non insegna alla folla come “ massa indistinta “ ma ha un “ rapporto personale “ con ognuno di noi, perché ciascuno di noi ha la sua chiamata individuale, unica e differente da quella di ogni altro.
Ed ecco, allora, che Gesu’ vede me, vede te, vede Antonio, vede Maria e, personalmente dice: “ Seguimi “.
Sceglie lui il momento, la circostanza, ma passa nella vita di ciascuno e invita alla sequela.
E’ il momento chiave.
In primo luogo bisogna saper riconoscere la chiamata.
Per Levi, tutto sommato, fu piu’ semplice, in quanto fu Gesu’ in carne ed ossa a chiamarlo.
Noi, che non incontriamo fisicamente Gesu’, dobbiamo avere quella capacità di lettura degli eventi che ci consente di individuare, dietro uno o piu’ di essi, la nostra “ personale chiamata “.
Se ci riusciamo, ed è già un gran dono, ci troviamo dinanzi ad un bivio.
Ci alziamo e lo seguiamo, cosi’ come fece Levi, o restiamo fermi e continuiamo per la nostra strada?
Dipende dal nostro “ grado di umiltà “.
Se presumiamo di essere “ giusti “, come gli “ scribi “ di cui al testo odierno, resteremo fermi perché penseremo di essere “ bastanti a noi stessi “, di poter vivere tranquillamente senza Dio e di essere perfettamente in grado di comprendere chi e cosa seguire, chi e cosa fa bene alla nostra vita.
Cosi’ facendo rifiuteremo l’aiuto del “ medico “ venuto a Salvarci e continueremo a non assumere la “ medicina “ della Parola, dell’Eucarestia, fino a quando, inevitabilmente, non “ curandoci “, la nostra anima si ammalerà sempre di piu’ e morirà.
Se, al contrario, ci riconosceremo, con umiltà, “ peccatori “, bisognosi di perdono, ci alzeremo e lo seguiremo perché non ci sentiremo giudicati ma amati nonostante noi e le nostre miserie.
Da quello sguardo d’amore nascerà il nostro percorso di conversione.
Abbassiamo quindi i muri dell’orgoglio e rispondiamo all’invito alla sequela.
Saremo guariti.
Buona giornata e buona riflessione a tutti.
A cura di Fabrizio Morello
Foto: mia.