Purificazione del lebbroso.
Dal primo capitolo del suo vangelo, San Marco colloca Gesù al centro di tutto. Abbiamo visto le fole seguirlo, cercando guarigione, la suocera di Simone poi che si è messa al suo servizio dopo la sua guarigione della febbre…, oggi tocca a questo lebbroso che supplica Gesù: Se vuoi, puoi purificarmi. Nel primo testamento la lebbra era considerata un castigo di Dio e paragonata alla morte. Infatti chi ne era vittima veniva segregato e se si avvicinava qualcuno, doveva gridare: impuro! Impuro!
Oggi, la lebbra non è più una malattia che preoccupa perché è curabile. Con questa pandemia di coronavirus però sperimentiamo in qualche modo sulla propria pelle le condizioni, in cui si trovavano persone impure, soprattutto quando uno è positivo oppure è stato in contatto con un positivo. Il lebbroso, di cui ci parla il brano di oggi, invece trascende questa regola di isolamento perché egli aveva percepito in Gesù la potenza soprannaturale, poiché solo Dio poteva guarire dalla lebbra, trattandosi quasi di una risurrezione da morte. Infatti, Egli, mosso a compassione, stesa la mano, lo toccò…
La purificazione avviene mediante il tocco con la mano e la parola guaritrice che ne manifesta la potenza. E ovvio che il gesto e la parola assumono un significato simbolico. Il contatto con l’umanità di Gesù, congiunto con la parola, prelude ai futuri sacramenti per la purificazione dai peccati e per l’effusione dello Spirito vivificante. Le raccomandazioni di Gesù, “guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote…” era prescritto dalla Legge perché spettava ai sacerdoti dichiarare la guarigione. Quindi Gesù da vero ebreo non voleva apparire come un rivoluzionario che trasgredisce la Legge.
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Purtroppo o per fortuna, il miracolato tradisce subito Gesù, infatti, “egli uscito, cominciò a proclamare tutto e a divulgare la notizia”. Al posto del miracolato probabilmente ciascuno avrebbe agito nella stessa maniera perché il comando del segreto messianico non poteva impedire a dare testimonianza alla potenza liberatrice di Dio. Infine stupisce un po’ la scena conclusiva del nostro brano, perché Gesù “non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti…”, quasi come se Gesù avesse preso il posto del lebbroso, mentre quell’uomo guarito è stato reintegrato nella città. La guarigione del lebbroso, quindi, può essere compresa nel suo giusto valore: il Cristo dona la salute e la vita ad un uomo condannato alla morte.
Monaci Benedettini Silvestrini
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