In guardia dall’essere eccessivamente concentrati su se stessi: ecco l’invito a noi rivolto dal Signore Gesù mentre ci paragona ai bambini distratti dal gioco a palla che alla fine rischia di diventare un prendersi gioco di se stessi. Può accadere a tutti di essere talmente presi da se stessi da non essere più in grado di accorgersi di ciò che ci accade attorno: può accadere di gioire come di provare dolore, di essere soddisfatti come di essere frustrati, di esaltarsi o di deprimersi, il tutto come eventi circoscritti, senza alcuna connessione.
Quando questo accade siamo come dei bambini capricciosi mai contenti, che si fermano alla superficie delle cose. Chi è che vive di capricci se non chi ha fatto di se il centro del mondo? A che prezzo, però? Quello di una dannata solitudine perché sulla lunghezza accade che il mondo si allontani da noi. Il capriccio finisce per fare di noi il centro di gravitazione di ogni cosa, talvolta persino con violenza. In genere quando nulla ci va bene è perché, forse, non sappiamo neppure cosa vogliamo davvero. Dio provvede continuamente a metterci sulla via del bene, ma se in noi non c’è un ascolto non pregiudiziale essa resterà lettera morta. Quando si passa la vita a fare paragoni non ci si lascia mai mettere in discussione da nulla e da nessuno.
C’è una via d’uscita a un simile stato di cose? Certo, ed è acconsentire a distrarsi da noi stessi per accettare che la vita possa accadere diversamente da come ce l’eravamo immaginata. Talvolta, proprio perché continuiamo a guardarci compiaciuti dinanzi al nostro specchio, finiamo per escludere a priori altri appelli. Si tratta di scegliere se lasciarsi andare alla vita o lasciare che la vita vada. Proprio come bambini immusoniti vorremmo dare lezioni anche a Dio senza riconoscere cosa c’è in gioco. Se almeno giocassimo seriamente sapremmo che il gioco è bello quando non sai come va a finire, non già quando tutto è bell’e predeterminato.
L’Avvento torna a mettere a tema la nostra capacità di andare oltre le apparenze, oltre le impressioni: quando non si accetta un simile percorso, si finisce per misurarsi con la realtà secondo logiche proiettive e riduttive: “è un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori”.
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM