Iniziamo un nuovo Anno liturgico e un nuovo ciclo di Lectio divina. Mi sono confrontato con più persone per capire se continuare o meno, se ridurre i tempi o meno. Sono giunto a questa conclusione: questa riflessione non è un’omelia, che è giusto resti dentro determinati tempi, anche mediatici, quindi 7/8 minuti. Questa è una proposta di Lectio divina, che comporta un impegno in più sia da parte mia, che la propongo, sia da parte di chi desidera porsi in ascolto. Comunque prima di tutto questo è per me un esercizio di preghiera e di meditazione per meglio prepararmi alla Domenica. Sapendo però che lo faccio anche per voi, questo mi porta a cercare il meglio a tal punto da poter far mie le parole di papa san Gregorio Magno: «Per causa vostra imparo ciò che a voi insegno; perché, ve lo confesso candidamente, il più delle volte con voi ascolto quello che a voi dico». E aggiungeva: «So infatti che molte cose nelle Sante Scritture che da solo non riuscivo a comprendere, le ho capite quando mi sono trovato in mezzo ai miei fratelli».
La lectio segue dopo il video di don Andrea.
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Con questa I domenica di Avvento iniziamo un nuovo Anno Liturgico. Eh sì, perché se l’anno civile inizia il 1° gennaio, il “Nuovo anno” per i cristiani inizia con la preparazione al Natale di Gesù, alla sua venuta in mezzo a noi. Con Lui cambia anche il calendario della storia in “prima” e “dopo” Cristo, come uno spartiacque. Per prepararci bene a questo Avvenimento, abbiamo le 4 domeniche d’Avvento che ci educano a fissare lo sguardo su ciò che veramente conta.
Questa prima domenica non punta tanto sul Natale, la “prima” venuta di Gesù, quanto sul traguardo, la meta, la “seconda” venuta del Signore, che a nessuno è dato conoscere se non al Padre (cfr Mt 24,36). La parola “avvento” significa “venuta” o “presenza”. Nel mondo antico indicava la visita del re o dell’imperatore in una provincia; nel linguaggio cristiano è riferita alla venuta di Dio, alla sua presenza nel mondo. L’Avvento si rivela come un tempo di preparazione, di discernimento per non lasciarci stordire dalle “luci del mondo” che alla fine si rivelano “stelle cadenti”, per fissare invece lo sguardo verso Colui che deve tornare, ”La luce del mondo” (cfr Gv 8,12), come siamo soliti cantare dopo la consacrazione: “Annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”.
Un secondo aspetto da considerare, è tener sempre presente che l’Anno liturgico si rivela come la nostra vita “in scala”: vivere questa esperienza ci aiuta a dare senso e significato allo snodarsi della nostra esistenza quotidiana. Nella liturgia prendiamo coscienza che la nostra piccola e fragile storia è inserita nella grande storia di Dio, dunque è storia sacra. E sarà proprio la Parola di Dio la “cifra”/il metro attraverso il quale imparare a leggere e interpretare la nostra vita/storia.
Con oggi iniziamo l’anno liturgico “C” e iniziamo a leggere il vangelo di Luca (Anno “A” vangelo di Matteo; anno “B” vangelo di Marco). Forse noi ci aspettiamo di iniziare la lettura del vangelo dal capitolo 1°, invece la liturgia inizia con il capitolo 21°. Questo perché la liturgia desidera fin dai primi passi proiettarci verso la meta. Un viaggio si inizia sapendo verso dove andiamo, attraverso quali strade, e quindi con quale “attrezzatura” equipaggiarsi. Un’esperienza che ci suggerisce che non siamo “nomadi”, ma “pellegrini”. I primi si muovono senza meta e orizzonte, i secondi invece, sanno verso Chi stanno muovendo i loro passi: il Signore Gesù. Il “nomade” vive il viaggio da “spettatore”. Guarda alle cose e alla vita come da una platea, stupito, interessato: potremo dire che il suo sguardo è “leggero”, sempre pronto a lasciarsi infiammare dalle emozioni del momento. Il “pellegrino”, invece, fissa lo sguardo sulla Meta, non è mosso dalla curiosità, non cerca tanto di guardare, ma di lasciarsi guardare da Colui che cerca. Ecco perché il “pellegrino” è interessato non solo alla meta, ma a tutto il viaggio, perché sa che lungo tutto il percorso il Signore gli parla e lo guarda attraverso tutto quello che incontra. Desidera arrivare a Lui per unirsi a Lui e diventare come Lui, e in questo modo, mentre il “pellegrino” traccia la strada verso la Meta, ne segna una verso il proprio centro interiore.
Se facciamo attenzione, il brano di Luca che ascoltiamo oggi è il testo parallelo del brano di Marco che abbiamo ascoltato due domeniche fa, avente come tema “lo spegnersi delle sicurezze” quale segno che tutto sta per finire: sole, luna, stelle (cfr Mc 13,24-32). Può sembrare una ripetizione, ma se teniamo presente quanto appena accennato, le ultime due domeniche dell’Anno liturgico ci hanno presentato il “finale” della storia, così come preannunciato nella I domenica di Avvento, che è questa. Questo spiega il “sovrapporsi” della tematica, ma mentre in queste ultime due domeniche abbiamo meditato il “giorno ultimo”, oggi siamo invitati a meditare il viaggio della vita – attraverso la liturgia – cogliendo il percorso d’insieme.
L’odierno brano del vangelo (capitolo 21) precede il racconto della Passione (capitolo 22). Il dato non è banale. Se ricordiamo, anche il testo della Trasfigurazione (Lc 9,28ss) precede l’annuncio della Passione (Lc 9,43ss). Pedagogia di Gesù: presentare l’evento di luce e di salvezza per aiutare ad affrontare e comprendere gli inevitabili tempi bui della vita. Anche se le “luci” del cielo si spengono, la Passione e morte non spegneranno Gesù, Luce del mondo. All’inizio del nostro pellegrinaggio, quindi, ci viene suggerito che l’intero arco della vita, il nostro pellegrinaggio verso la Casa del Padre, va letto e interpretato alla luce della Pasqua, della vittoria di Gesù sulla morte (“Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero…Nel giorno del loro giudizio risplenderanno come scintille nella stoppia” (Sap 3,1-3)
A questa logica di vita i profeti hanno cercato di educare il popolo lungo la storia. E oggi la liturgia ha scelto di far risuonare la voce di Geremia per educarci a questo stile di Dio. L’invito è alzare il capo, è non lasciarci rubare la speranza, la nostra identità preferendo inseguire gli idoli del momento, perché questi si spegneranno! Dio è fedele alle sue promesse, “Farà germogliare per Davide un germoglio giusto”, dice Geremia (33,14-15). Una certezza che si fa risposta nel canto del salmo: “A Te Signore innalzo l’anima mia, in te confido” (salmo), imparando a “rendere saldi i nostri cuori e irreprensibili nella santità”, come scrive san Paolo ai Tessalonicesi (II lettura) (Indico anche la II lettura perché nei tempi forti (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua) anche la II lettura è inserita a “tema” del vangelo. Il cuore del vangelo si comprende alla luce della I lettura che ne svela la chiave di lettura e che si fa risposta nel canto del salmo; la II lettura mira a suggerire come vivere concretamente oggi il messaggio sviluppato tra vangelo e I lettura). Con questo essenziale bagaglio di comprensione, entriamo nel testo.
vv. 25-28: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”.
L’evangelista Luca descrive i “segni” che indicano la fine del tempo, attingendo dal linguaggio profetico di Gioele (2,10: “La terra trema, il cielo si scuote, il sole la luna si oscurano”), e del profeta Daniele (cfr “Ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo”, Daniele 7,13). Un linguaggio dal tono profetico, per invitare a preparare l’ultima venuta del Signore, Re e Giudice del mondo (solennità festeggiata domenica scorsa: ed ecco che inizio e fine si “toccano”). Gli elementi “sole, luna, stelle” (che troviamo fin dal libro della Genesi), scompariranno, e resterà il Figlio dell’Uomo che verrà su una nube (cfr Gesà, il nuovo Elia, 2Re 2,11): un modo per svegliare il popolo e aiutarlo a scegliere ciò che veramente dura in eterno. Nulla resisterà così com’è di ciò che è stato creato (Che sia il sole, la luna, le stelle, ma ogni Trono, Dominazione, Principato, Potenza…cfr Col 2,15).
vv. 34-36: “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo”.
Una venuta che chiede di essere preparata, facendoci trovare pronti. Si tratta di vivere “vigilando” nell’attesa, restando saldi nella Parola di Dio, unica àncora di salvezza: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Lc 21,33).
1. Cosa dice a me oggi la Parola/Gesù
Iniziamo dunque questo nuovo cammino: vorrei che lo vedessimo tutti come quell’opportunità che il Si- gnore ci offre per darci maggiore tempo per convertirci, imparando a far sì che Lui prenda sempre più spazio
in noi, permettendoGli di amarci sempre più, e così imparare ad amarci gli uni gli altri come Lui. Compreso in questo modo, l’Anno liturgico si rivela come “Scuola di vita e di Comunità”, cammino di crescita.
Nel muovere i primi passi di questo nuovo Anno Liturgico, la liturgia – da buona Guida – ci indica la Meta (l’incontro con il Signore), ci tratteggia il percorso (la vita), ci suggerisce gli atteggiamenti di fondo da colti- vare strada facendo (vivere il vangelo di Gesù), ci “riempie” lo zaino di ciò che è essenziale per il cammino (Parola di Dio, sacramenti, fraternità).
Innanzitutto fin dall’inizio ci viene detta la verità: a noi che siamo abituati a volere tutto e subito, non è dato di sapere il tempo della realizzazione di queste affermazioni; non si tratta di un cammino semplice, perché sarà sempre accompagnato da piccoli o grandi sconvolgimenti, ci ha ricordato l’evangelista Luca. Mi e ci viene segnalato che nel percorso ci saranno tante “sirene” pronte a illuminarci pur di distrarci – e quanto difficile non lasciarsi incantare – ma una sola è La Luce che conta, Gesù.
Dettagli che suggeriscono che il Signore Gesù sa quanto siamo deboli, provvisori, di grandi ambizioni ma di passi incompiuti. Segni che ci suggeriscono che la vita è un continuo divenire. Un continuo mettere “a fuoco” ciò che veramente conta. Oggi il Signore, nostra Guida del cammino, ci suggerisce di fissare lo sguardo in Lui. Ci chiede di fidarci di Lui, perché solo Lui ha vinto la morte. Lui solo è andato al Padre e tornerà per prenderci con sé.
L’Anno liturgico ci aiuta a capire che la mia e nostra piccola, preziosa e fragile storia è inserita nella grande storia di Dio. Non va verso il nulla, il caos, il vuoto, ma va verso una direzione bella, chiara, viva: verso il Signore Gesù e, con Lui, verso il Padre del cielo. E mentre noi andiamo verso Lui, il Signore viene a noi in- contro (cfr Lc 21,27), entra nella nostra storia quotidiana. Lo ha fatto un tempo, facendosi uomo, e lo rifarà al termine della storia.
Questo fatto dovrebbe così spingerci a fuggire da una vita superficiale e banale, affinché la venuta del Si- gnore non sia vissuta o percepita come un “laccio” (Lc 21,35), ossia come un evento d’inciampo sui miei/nostri programmi già stabiliti. Si tratta di accogliere il Signore come un’esperienza di “liberazione” (21,28), proprio come quando, libero dalle incombenze del mondo, puoi dedicarti totalmente ed esclusivamente a Lui. Espe- rienza che avverrà solo nell’ultimo giorno, quando il Signore tornerà nella gloria.
Con questo sguardo, la vita si rivela come il tempo propizio per imparare l’arte di attendere il Signore, sa- pendolo riconoscere “qui ed ora” come Lui stesso ci ha insegnato: prima in un Bimbo adagiato in una man- giatoia” (cfr Lc 2,16); strada facendo in quanti incontriamo nel cammino: “Avevo fame, e mi avete dato da mangiare; avevo sete…ero forestiero…” (Mt 25). E alla fine, quando Lui tornerà nella gloria.
L’esperienza che permetterà di vivere tutto questo come una “gioia” e non come un “laccio” è l’amore. È lo sguardo incantato dell’innamorata che attende alla finestra l’arrivo dello sposo. Atteggiamento che chiede di essere coltivato e custodito nella preghiera (cfr 21,35), perché se non si prega, ci si addormenta, come gli apostoli nel Getzemani (cfr Lc 22,45).
La preghiera è saper vivere alla presenza di Lui, è uno stare nella vita da protagonisti, imparando a stare dritti, a tenere la testa alta, ossia sapendo scrollarci di dosso quanto appesantisce e annebbia la vita: “Dissi- pazioni, ubriachezze, affanni della vita…” (21,34). Termini che richiamano la parabola dei terreni, commentata direttamente da Gesù (Una parte del seme cadde lungo la strada, una sulla pietra, una in mezzo ai rovi, un’altra nel terreno buono, Lc 8,4-15). L’ubriachezza, alla quale fa riferimento l’evangelista, non è solo questione di alcool, ma di tutto ciò che ci crea dipendenza, che spesso solletica i sensi e che porta a intontirsi di fronte ai confort, alle curiosità inutili, a perdite di tempo…Preoccupazioni del mondo, ossia lo stress, gli affanni, il ritrovarsi im- mersi in ritmi disordinati e discordanti tra loro, incapaci di scegliere “la parte migliore”, ossia di darsi una chiara priorità, sapendo che la parte migliore “non sarà mai tolta” (Lc 10,38-42).
All’inizio del cammino di questo nuovo anno lasciamoci riaccendere la speranza, la gioia che la vita è un cammino che conduce all’incontro con il Padre; accettiamo che sia il Signore a indicarci la Via per giungervi, perché Lui solo è La Verità che conduce alla Vita vera. Accogliamo gli strumenti essenziali e necessari che ci sono stati presentati per percorrere con fiducia il cammino (Parola, Sacramenti, Fraternità). Ricchi e mo- tivati di tutto questo, mettiamoci in marcia, in cammino. Non sottraiamoci da questo invito, non riteniamoci inadatti. Il Signore sa, ed è quanto basta. È Lui che ci chiama ogni giorno a stare dietro a Lui. E allora in marcia! E per non lasciarci prendere dallo smarrimento, non dimentichiamo che Gesù, il Figlio di Dio, è già venuto in mezzo a noi per indicarci la Via per tornare al Cielo. Quindi, smettiamola con le lamentele! Impa- riamo ad uscire da noi stessi e andiamo incontro a Lui, così come siamo, perché Lui per primo ci ama così come siamo. E guardando a Lui, impareremo a vivere come Lui, come piace al Padre.
Intanto, il Signore Dio ci aiuti a desiderarLo e a invocarLo come nostro Liberatore: “Marana tha” (cfr 1Cor 16,22), “Vieni Signore Gesù, vieni presto!” (cfr Ap 22,20).
II. Cosa rispondo io oggi alla Parola/Gesù
Colletta (anno C)
Padre Santo, che mantieni nei secoli le tue promesse, rialza il capo dell’umanità oppressa dal male e apri i nostri cuori alla speranza, perché attendiamo vigilanti la venuta gloriosa di Cristo, giudice e salvatore.
In marcia. A inizio del nuovo anno liturgico
È tempo di partire, Signore, di metterci in strada.
È tempo di alzare lo sguardo e fissare la Meta.
È tempo di porci in ascolto e farti spazio nel cuore.
È tempo di scegliere
e di incamminarci dietro a Te.
Lungo la strada della vita, Signore,
fa’ che io sappia cercarti desiderandoti ti desideri cercandoti,
ti trovi amandoti
e ti ami trovandoti.
Marana tha!
Vieni, Signore Gesù, vieni presto. In marcia: è tempo di partire.
Il commento al Vangelo di domenica 28 novembre 2021 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.