Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 23 Novembre 2021

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Nella dimensione dell’amore trova spazio anche l’ammonimento, la messa in guardia. Il mettere in guardia mostra infatti sollecitudine per l’altro, dice che la sua vita ci sta a cuore. Lo sanno bene i genitori, che devono spesso richiamare i figli; ma lo sa bene anche chi, come noi monaci, fa vita comunitaria: l’ammonirci è parte essenziale della vita fraterna. 

Nessuna meraviglia che anche la Bibbia, proprio perché ha a cuore la vita dell’uomo, sia attraversata da questo genere di linguaggio, che può andare dall’esortazione fino alla minaccia. Un linguaggio che ritroviamo pure nel vangelo: si pensi ai vari “guai!” pronunciati da Gesù, richiami forti, accorati, da parte di chi mette in guardia da reali pericoli.

L’ammonimento assume un rilievo particolare nel cosiddetto “discorso escatologico”, in cui Gesù parla della fine dei tempi e della venuta del Figlio dell’uomo, e in cui trovano spazio reiterati richiami alla vigilanza, a tenersi pronti, a non lasciarsi trarre in inganno.

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Nel nostro testo il discorso sulle realtà ultime parte dalla constatazione della maestà del tempiodi Gerusalemme, che nella sua imponenza si presenta come l’immagine della solidità, della stabilità. “Non resterà pietra su pietra” (cf. v. 6), sentenzia Gesù. Ma poiché sul tempio si struttura di fatto tutta la vita, non solo religiosa ma anche sociale, del popolo, ecco che se viene meno il tempio, crolla tutto. È comprensibile, allora, che la fine del tempio sia associata alla fine del mondo. Da qui le domande dei discepoli: “quando?”, “quale il segno?”. 

Gesù non soddisfa la loro curiosità, ma li rinvia altrove: essi devono sapere cosa li attende e come devono comportarsi. Certo, saranno scossi da eventi più grandi di loro (guerre, epidemie, cataclismi, persecuzioni…), ma queste non sono altro che situazioni ricorrenti nella storia, e il discepolo deve essere pronto ad affrontarle. I pretesi segni della fine sono tutte cose che avvengono “prima”, sono gli ingredienti normali della nostra esistenza. La fine sarà determinata dalla venuta del Figlio dell’uomo “con potenza e gloria grande” (Lc 21,27).

“Badate di non lasciarvi ingannare” (v. 8): è il primo monito di Gesù. Non lasciarsi ingannare dalla bellezza e solidità delle pietre del tempio e dalle illusorie sicurezze che esse offrono (quando Luca scrive il vangelo, le parole di Gesù si sono già avverate); ma non lasciarsi ingannare neppure dai discorsi seducenti di chi in nome di Cristo promette facili salvezze. È facile infatti lasciarci ingannare da chi ci prospetta la soluzione dei nostri problemi, ci promette la liberazione dai nostri mali. “Non liseguite”, non andate dietro a loro (cf. v. 9)! Il vero discepolo segue solo il suo Signore, resta ancorato alle sue parole. Qualunque cosa succeda, per orientarsi gli bastano le parole di Gesù che non passano.

“Non vi terrorizzate” (v. 9), dunque, per gli eventi, anche sconvolgenti, che segnano la storia umana. Nonostante le sciagure e le situazioni tragiche che turbano il mondo, il disegno di salvezza di Dio si compirà! Il male non è l’ultima parola, perché l’ultima parolasarà il Figlio dell’uomo che viene a salvare. Sì, nonostante tutti gli eventi dolorosi, prevarrà il disegno di Dio, il Signore del tempo e della storia, che in Gesù ha promesso di instaurare cieli nuovi e terra nuova. Nessuna evasione dalla storia per il discepolo, nessun atteggiamento rassegnato, ma hypomoné, ossia “pazienza, perseveranza” nelle prove. “Con la vostra perseveranza guadagnerete le vostre vite” (Lc 21,19).

fratel Valerio


Fonte

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