È sabato, il giorno di Dio, la scena è quella di un banchetto. Il significato profondo del mangiare è vivere. Gesù è il vivente, l’uomo del sabato e lo vive pienamente non solo mangiando e bevendo alla tavola di uno dei capi dei farisei, ma partecipando in maniera creativa all’essenza del Padre che da sempre genera e dona vita.
I farisei presenti lo sorvegliano, per giudicarlo. Davanti a Gesù è posto un uomo che fa da specchio ai farisei stessi: consumato dalla malattia che gli provoca una sete insaziabile che lo spinge a bere senza riposo, se ne sta lì di fronte a Gesù che lo guarda.
La parola di Gesù, cui nessuno ha avuto il coraggio di fare la domanda se sia lecito o no curare nel giorno di sabato, è insieme domanda e risposta: la sua parola è in grado di raggiungere anche i cuori più duri, è una parola autorevole perché fondata sulla roccia dell’amore che «tutto crede, tutto copre, tutto spera e tutto sopporta».
La reazione a questa parola è silenzio per i nemici del regno, sa di morte; ma è anche riposo del seme fra la terra e sa che a primavera germoglierà di una vita nuova che nutre e feconda.
Gesù non ha paura di donarsi totalmente, di entrare in intimità con noi, di mangiare con noi e infine di guarirci. Nel giorno dell’ultimo sabato senza resurrezione sarà egli stesso cibo sulla mensa che sazierà ogni nostra fame e quieterà ogni nostra sete.
Maria Buiatti Luca Baccolini
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato