don Francesco Pedrazzi – Commento al Vangelo del 24 Ottobre 2021

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IL GRIDO DEL CUORE

Tanto più è intenso è il gemito del nostro cuore tanto più la nostra preghiera arriverà in alto, nel Cuore di Dio

Cosa vuol dire pregare? Che cos’è la preghiera? Il brano del Vangelo ci offre elementi preziosi per rispondere a queste domande.

Sant’Agostino scriveva: «La preghiera è un grido che si leva verso il Signore…  Se si grida col cuore … quel grido non sfuggirà a Dio» (cf. En in Ps. 118, s.29, 1).

La preghiera è un “grido” verso Dio… proprio come quello del cieco Bartimeo. Il “grido” nasce generalmente da una forte emozione. Nel caso di Bartimeo, è l’espressione di una grande sofferenza e al contempo di un grande desiderio. Più un arco è teso e più la freccia è scoccata lontana, similmente tanto più è forte il gemito e il desiderio del nostro cuore tanto più intenso sarà il grido e tanto più esso arriverà “in alto”, nel cuore di Dio.

La prima condizione per poter pregare è la coscienza di essere poveri davanti a Dio, di essere come dei mendicanti davanti a lui. Ecco perché le parole di Bartimeo –  «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». – sono diventate la “preghiera del cuore” per eccellenza, e che, specialmente in alcune chiese orientali, viene ripetuta continuamente, un po’ come noi ripetiamo l’Ave Maria nel Santo Rosario.

All’inizio del vangelo odierno si legge che Bartimèo «sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”». Il cieco Bartimeo rappresenta la condizione ordinaria dell’uomo. Davanti a Dio siamo tutti poveri, “seduti lungo la strada della vita, a mendicare”. E la prima cosa di cui necessitiamo per poter vivere e l’amore. Sappiamo che non possiamo avere pace nel cuore se non ci sentiamo amati.

Partiamo da questa premessa: qui non ci troviamo davanti soltanto un cieco che desidera essere guarito dalla sua grave disabilità, ma all’uomo che geme perché fa fatica ad amare e ad essere amato come vorrebbe.

Bartimeo non vede Gesù, ma sente che sta passando. Così anche noi quando preghiamo non vediamo Dio, ma sappiamo che ci sente, che non è lontano, e allora lo invochiamo.

Ci sono, poi dei momenti, in cui Gesù ci passa accanto per ricolmarci di doni speciali: ad esempio quando partecipiamo alla santa Eucaristia o partecipiamo a un ritiro… In quei momenti, il “grido” del nostro cuore è decisivo, perché Gesù ci possa beneficare. «Temo Dio quando passa!», esclamava perciò Sant’Agostino: aveva paura di trovarsi impreparato al suo passaggio. Non si fece trovare impreparato Bartimeo che aveva intuito di trovarsi davanti all’occasione della sua vita, per guarire dalla cecità.

Ma non è stato facile farsi sentire da Gesù. All’inizio trova un’opposizione da parte della folla. Vogliono farlo tacere. La folla rappresenta tutti gli ostacoli della preghiera: l’accidia, le voci del mondo materialista ed efficientista e l’azione del demonio. Quest’ultimo fa di tutto per impedirci di gridare verso Dio. Come un lupo che quando assale una pecora la afferra nel collo per impedirle di belare e dare l’allarme, così il demonio fa di tutto per impedirci di gridare verso Dio. Lo fa attraverso alcuni pensieri: «Ma che cosa preghi a fare? – ci dice – Non ti rendi conto che è tutto tempo perso? Datti da fare da solo, invece di chiedere l’aiuto al tuo Dio!»

Di fronte a questi ostacoli, Bartimeo non si scoraggia. Avrebbe potuto desistere e Gesù non l’avrebbe guarito, ma cosa fa? Leggiamo: «Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”».  Nelle difficoltà non smettiamo mai di pregare, ma gridiamo ancora più forte, certi che il nostro grido non sfuggirà Dio, come ci ricorda Sant’Agostino.

«Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!”. Chiamarono il cieco, dicendogli: “Coraggio! Àlzati, ti chiama!”. Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù». È interessante notare che la chiamata di Gesù passa attraverso altre persone. Gesù ci chiama a sé servendosi delle mediazioni umane: sacerdoti, amici, fratelli nella fede…

Il mantello, che a un mendicante serviva, oltre che per proteggersi dalle intemperie, anche da giaciglio per la notte, rappresenta quelle sicurezze che dobbiamo essere pronti a lasciare per seguire Gesù. È toccante l’espressione: «Balzò in piedi…». Proviamo a immaginare la scena: questo cieco che si alza all’improvviso e con il cuore trepidante si lascia accompagnare verso il Signore. Questa scena rappresenta il cammino nostro e di ogni uomo verso Dio. Lasciamoci accompagnare dalla Chiesa verso Gesù, perché da soli non siamo in grado di farlo! Non è possibile andare Gesù senza l’aiuto dei fratelli.

Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?» Sorprende questa domanda! Gesù sa benissimo che quell’uomo ha bisogno di essere guarito dalla cecità. Eppure, vuole che egli stesso lo esprima a parole. Comprendiamo qui l’importanza che il desiderio del cuore si tramuti in una preghiera, in una parola rivolta a Dio.

E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». Questo verbo greco può essere tradotto: «Che io veda dall’alto!».  La vera guarigione, quella di cui ogni uomo bisogno, è quella del cuore. Siamo guariti quando la grazia ci rende capaci di vedere le cose dal punto di vista di Dio, dall’alto. Allora anche ciò che per il mondo può sembrare una disgrazia, ci sembrerà una grazia, ciò che può apparire una sventura ci apparirà come la più grande opportunità per crescere nell’amore. Ecco perché la prima lettura ci parla di coloro che erano nel pianto, ma saranno consolati da Dio, mentre il Salmo 62 proclama: «Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia!». La semina nelle lacrime è proprio la perseveranza della preghiera nel tempo della prova!

E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada». Qui si comprende chiaramente che Gesù non compie soltanto una guarigione fisica, un miracolo che riguarda il corpo. Gesù interviene per guarire il cuore. Un cuore guarito è in grado di cogliere senso profondo della vita: non brancola nel buio, ma cammina. Scopre che Gesù è il senso della vita, e perciò “lo segue lungo la strada”.

Questo brano evangelico ci aiuta a capire che la condizione di sofferenza, insoddisfazione o di angoscia e depressione, che può caratterizzare la nostra vita, non solo non è un ostacolo per incontrare Dio, ma può rappresentare un luogo privilegiato per incontrarlo; purché noi sappiamo trasformare la sofferenza e il desiderio in un grido del cuore. Un grido verso il Signore.

Maria, Sede della Sapienza, aiutaci a gridare con il cuore verso tuo figlio Gesù per guarire tutto ciò che ci impedisce di vedere la bontà e la bellezza della vita. Amen.

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