Nel capitolo precedente, l’evangelista Luca ci ha aveva descritto la forza della parola di Gesù: una parola potente che si fa insegnamento e parabola; una parola potente che si fa opera, azione, forza che placa il mare e il vento, forza di guarigione dell’indemoniato geraseno e dell’emorroissa, forza di risurrezione della figlia di Giairo.
Anche ai dodici Gesù ha affidato la sua parola potente: li ha mandati ad annunciare il Regno che viene e ha dato loro il potere di scacciare i demoni e di curare le malattie. Questo è ciò che fanno i dodici in missione: annunciano la parola e guariscono con la parola.
Tutte queste cose giungono all’orecchio di Erode, il tetrarca, un uomo potente, che di fronte ad altre potenze teme la rivalità. Da questa paura nasce la sua domanda: “Chi è costui, di cui odo tali cose?” (v. 9). Il rischio di sempre è di leggere quello che avviene secondo categorie già note: Gesù è Giovanni, Elia, un profeta… Queste risposte denotano che non si è ancora colta la novità di Gesù. Il rischio che possiamo vivere è di credere di vedere ciò che conosciamo già.
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Le parole che vengono riportate a Erode denotano la negatività di un passato che fa da schermo alla novità di Gesù e che impedisce di cogliere la novità presente.
“Chi è Gesù?”. Quello che Erode si chiede è ciò che anche i discepoli si sono chiesti dopo la tempesta sedata: “Chi è costui che dà ordine ai venti e all’acqua e gli obbediscono?” (Mt 8,27). Erode e i discepoli sono abitati dalla stessa domanda.
I dodici inviati da Gesù ora fanno ritorno a lui e gli raccontano tutto ciò che hanno fatto. Gesù è l’origine e Gesù è il fine della missione: da lui si viene inviati e a lui si ritorna. In comunione con il Signore era iniziata la loro missione, in comunione con il Signore termina la loro missione.
Gesù ripetutamente aveva invitato all’ascolto della sua parola e ora è lui che li ascolta: lascia ai suoi il tempo di raccontarsi. Gesù non è solamente colui che parla, insegna e opera. Gesù si interessa dei suoi e vuole ascoltare le loro parole e quanto hanno fatto.
Ma le folle interrompono quell’intimità e si mettono sulle sue tracce di Gesù: esse bramano la sua presenza, la sua persona, perché con le sue parole e le sue azioni egli sazia la loro fame.
Ed ecco cheGesù accetta di farsi prossimo a quanti sono nel bisogno e accoglie quelle folle: annuncia loro il regno di Dio, si prende cura di loro e attraverso una grande condivisione dona loro cibo a sazietà. Questo è il vero culmine della missione: il pasto celebrato e condiviso. Ciò per cui il Signore manda i dodici in missione è che si celebri questo pasto, dove il cibo che viene dato è la sua vita donata come pane spezzato.
Questo pasto condiviso è un gesto che Gesù compie tra la domanda: “Chi è costui?” (v. 9), che abbiamo sentito fare da Erode, e la domanda: “Chi dite che io sia?” (Lc 9,20), che Gesù stesso rivolgerà ai suoi discepoli, nei versetti immediatamente successivi. Ecco la risposta a questa domanda: Gesù è pane spezzato e donato per tutti.
Solo chi assume questa logica di vita saprà evitare la logica di Erode, la logica di chi pensa di dominare gli altri togliendo loro la vita. Ecco la scelta che sempre abbiamo di fronte: vivere togliendo vita agli altri o vivere donando la propria vita agli altri; guardare gli altri come nemici o rivali da eliminare o guardarli come fratelli da ascoltare, curare e sfamare.
fratel Emiliano
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