Si avvicina il momento dell’ultimo viaggio verso Gerusalemme, dove Gesù completerà la sua missione. È un momento decisivo e, in queste circostanze, il Maestro parla per la seconda volta agli apostoli di ciò che lo aspetta tra qualche settimana nella città santa.
Lì si svolgeranno i drammatici eventi della sua passione, che termineranno con la sua morte sulla croce, ma arriverà anche l’evento glorioso della sua risurrezione. Le parole del Signore sono chiare, ma l’evangelista nota che “non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo”.
Quanto è diversa la logica di Dio, che si serve del dolore come via verso la gloria, dalla logica umana, che rifiuta di accettare ciò che non è desiderato o che non si conforma ai propri gusti!
È sorprendente ciò che succede in un momento così importante e drammatico. “Di che cosa stavate discutendo per la strada?”, chiese loro Gesù, ma essi tacevano, perché “per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande” (v. 33), commenta l’evangelista.
Mentre Gesù si dirige risolutamente verso la croce, nessuno di loro prova compassione per le sofferenze che attendono il Maestro e si prepara a sostenerlo, ma tessono intrighi tra di loro, cercando egoisticamente il proprio vantaggio. Che sciocchi! Avrebbero giustamente meritato di essere rifiutati da Gesù, ma questo non avviene. Nonostante i loro evidenti limiti personali, Gesù non ritirò la sua fiducia da loro. “Che delusione per Cristo. Eppure” – osserva mons. Ocáriz – “ha affidato la Chiesa a loro, così come ora l’affida a noi, che cadiamo anche nelle dispute e nelle divisioni”.
Che cosa ci dice tutto questo? – si domandava Benedetto XVI (Angelus, 23 settembre 2012) – Ci ricorda che la logica di Dio è sempre «altra» rispetto alla nostra, come rivelò Dio stesso per bocca del profeta Isaia: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, / le vostre vie non sono le mie vie» (Is 55,8). Per questo seguire il Signore richiede sempre all’uomo una profonda con-versione – da noi tutti -, un cambiamento nel modo di pensare e di vivere, richiede di aprire il cuore all’ascolto per lasciarsi illuminare e trasformare interiormente.
Gesù è paziente con le mancanze di questi uomini, e spiega loro la sua logica, la logica dell’amore che diventa servizio fino al dono totale di sé: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti” (v. 35). E perché questo insegnamento entrasse nei loro occhi, prese un bambino, “lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»” (vv.36-37).
Non vi entusiasma questo modo di agire di Gesù? – commenta san Josemaría in “Amici di Dio” (n. 94) – Perché capiscano la sua dottrina, propone un esempio vivente. Chiama un bambino che correva per la casa e se lo stringe al petto. È il silenzio eloquente di Gesù nostro Signore. Ha già detto tutto: Egli ama coloro che si fanno come bambini. Poi aggiunge che il frutto della semplicità, dell’umiltà di spirito, è di poter abbracciare Lui e il Padre che sta nei cieli.
Dio, che è veramente grande, non ha paura di abbassarsi e di farsi ultimo. Gesù si identifica con il bambino. Lui stesso si è fatto piccolo. D’altra parte, noi, che siamo piccoli, pensiamo di essere grandi e aspiriamo ad essere primi perché siamo orgogliosi. Seguire Cristo è difficile, ma solo chi si fa piccolo come lui farà cose grandi.
Fonte: La pagina Facebook di “Opus Dei Italia” | Sito Web con tutti i commenti al Vangelo
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