Il desiderio di Gesù di incontrare tutti, ma proprio tutti, si manifesta già nello strano percorso che Marco ci narra all’inizio del Vangelo di oggi. Diciamo che un itinerario del genere farebbe impazzire tutti i navigatori di questo mondo! Ma non solo loro. Anche gli ebrei di quel tempo darebbero di matto nel sapere che Gesù sta attraversando Tiro, Sidone, la Decapoli: tutti luoghi considerati impuri e pericolosi perché abitati da pagani. Da questo percorso particolare di Gesù, allora, possiamo già trarre un primo insegnamento: nessuno è escluso da Dio ma tutti sono destinatari del suo amore, soprattutto quelli che, per un motivo o per un altro, sono rifiutati e si trovano ai margini.
Si tratta di quelle famose periferie di cui parla spesso Papa Francesco; periferie che non sono luoghi geografici ma, molte volte, spazi esistenziali. Come cristiani siamo chiamati, quindi, a portare Dio e la sua Parola, nei luoghi e nei cuori di quelli che sono lontani, i quali, molte volte, corrispondono a quelli che vivono vicinissimo a noi. Un lontano può essere il collega di lavoro, un coinquilino, un fratello, un ammalato o chi viaggia con noi nella metro. Non dobbiamo per forza andare lontano per essere missionari ma chiediamoci quante volte ci siamo allontanati dalla missione di testimoniare la nostra fede, forse proprio perché non volevamo avere nulla a che fare con il “pagano” o il povero di turno (a questo proposito il brano della lettera di Giacomo proposto oggi dalla liturgia è una perla!).
Anche su questo aspetto Gesù ci insegna qualcosa. Nel modo in cui si relaziona alla persona sordomuta che gli viene presentata, ritroviamo un piccolo vademecum dell’evangelizzazione. Innanzitutto Gesù si mostra disponibile ad essere avvicinato, non si mostra indifferente o estraneo a ciò che accade attorno a lui. Questo ispira una certa fiducia, tanto da spingere queste persone estranee a presentargli il loro amico sordomuto. I cristiani non sono né sul pulpito né sul podio, ma sono nel mondo per esserne lievito e sale, cioè per mescolarsi con la pasta di cui è fatta l’umanità. Non dobbiamo considerarci migliori di nessuno, né pensare di poter insegnare qualcosa agli altri partendo dalla nostra presunzione di essere perfetti.
La seconda cosa che fa Gesù è prendere in disparte il sordomuto, allontanandolo dalla folla. È un gesto delicatissimo che esprime un’attenzione speciale; non è più un emarginato ma ha la piena attenzione del Maestro; iniziano a comunicare così, con l’attenzione, occhi negli occhi, senza parole. Questo ci dice che non possiamo sempre generalizzare ma che ognuno ha la sua storia, i suoi tempi, le sue esperienze. Per questo motivo Gesù personalizza ogni volta il suo modo di incontrare gli altri: sa come e quando parlare alle folle, ma sa soprattutto come e quando parlare ai singoli. Sono questi gli incontri più belli e profondi. […] Continua a leggere il commento nel blog di don Ivan.
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