Commento alle letture di domenica 5 Settembre 2021 – Carlo Miglietta

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Il commento alle letture di domenica 5 settembre 2021 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.

Prima di entrare in profondità nel mistero del Pane, Gesù guarisce un sordomuto.

34: – Gesù sospira, guardando verso il cielo. Questo sospiro è l’espressione della sofferenza di Dio, ma è anche l’emissione dello Spirito Santo: “Emise lo Spirito”, dirà in Croce; qui comanda “Effatà”, cioè: “Apriti”: è Marco che ci traduce in italiano.

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Alla fine della prima parte (6,6-7,37) della sezione del pane (6,6-8,26) c’è questo miracolo simbolico (7,31-37). Un uomo sordo e balbuziente viene guarito, così come alla fine della seconda parte (8,1-26) della sezione verrà guarito un cieco (8,22-26). Questo sordo e balbuziente è la Chiesa, siamo noi che non siamo stati capaci di accogliere il mistero del pane, che non siamo stati capaci di ascoltare la Parola e quindi non riusciamo ad annunciarla, e la balbettiamo: non sappiamo che cosa sia il Vero Pane. Siamo noi Chiesa il sordomuto che ha bisogno di essere guarito: è necessario l’intervento di Dio perché il nostro cuore di pietra diventi un cuore di carne. È necessario il battesimo, dove conversione è guarigione, per capire l‘Eucaristia. Plinio il Vecchio documenta l’ampio uso terapeutico ed esorcistico della saliva nel mondo greco-romano. Si riteneva anche che la saliva contenesse lo spirito: toccate con la propria saliva significava quindi trasmettere la propria forza vitale. Qui la saliva ricorda il rito Battesimale, in cui c’è il rito dell’“Effatà”, dell’“Apriti”.

I primi a cui Gesù apre le orecchie e le scioglie la bocca sono i pagani, sono i lontani, sono coloro in disparte dal mondo, ma costoro diventano simbolo per noi. Anche noi abbiamo bisogno che vengano aperte le nostre orecchie, per tenderle all’ascolto, solo in seguito allora potremo annunciare correttamente il Vangelo.

35: – Si sciolse il nodo della sua lingua, e parlava correttamente. È indispensabile ascoltare la Parola, è indispensabile leggere la Scrittura, è indispensabile ricevere il dono dello Spirito Santo, che ci rende capaci di ascoltare prima di annunciare.

Da questi brani del Vangelo di Marco nascono alcune riflessioni.

Ciascuno di noi impari a riconoscere il mistero del Pane per poter accogliere il Signore. Ciascuno di noi guardi il suo cuore per vedere se è un cuore individualistico, se è un cuore attaccato a tradizioni, o se è un cuore capace di bontà, di commozione, di amore, di condivisione (Mc 7,1-23).

Ciascuno di noi prenda i suoi cinque pani e due pesci, e li dia ai fratelli, li condivida festosamente con essi. Ciascuno di noi ami. E ciascuno di noi, quando avrà amato, potrà allora riconoscere il Signore e potrà riconoscere che il bene della nostra vita è il Pane che ci sfama (Mc 6,34-44).

E se ci riconosceremo incapaci di avere un cuore di carne allora accostiamoci umilmente al Signore come qui fa il sordomuto (e questo è il senso della Confessione, il sacramento della Penitenza), e chiediamo che egli ci riempia del suo Spirito, e apra le nostre orecchie, ripetendo su di noi questo miracoloso “Effatà”, perché diventiamo capaci di intendere la Parola, e quindi poi di annunciarla con gioia a tutte le genti (Mc 7,31-37). 

Da: C. MIGLIETTA, LA FEDE IN TUTTI I SENSI. Udito, vista, gusto, olfatto, tatto nella Bibbia e nel magistero di Papa Francesco, con prefazione di S. E. Mons. Guido Fiandino, Vescovo Ausiliare Emerito di Torino, Gribaudi, Milano, 2018

Un cuore che ascolti

Salomone è gradito a Dio perché invece di chiedergli potenza e ricchezza gli domanda: “Da’ al tuo servo un cuore docile (lev shomèa)” (1 Re 3,9). Le nostre Bibbie in genere traducono “docile”, o “intelligente”; ma letteralmente la preghiera del re è di avere “un cuore capace di ascolto”, “un cuore che ascolta” (shomèa è un participio presente che indica la continuità di un’azione).

È questa la migliore preghiera: perché “ascoltare è meglio dei sacrifici” (1 Sam 15,22). Il termine discepolo (limmud) è una forma passiva del verbo imparare, insegnare (lamad): il discepolo è colui che ha la Parola sigillata nel cuore: “Si sigilli questa rivelazione nel cuore dei miei discepoli” (Is 8,16).

È l’ascolto obbediente che ci mette in comunione profonda con Dio: “Ascoltate la mia voce! Allora io sarò il vostro Dio e voi sarete mio popolo” (Ger 7,23): “Io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo” è la cosiddetta “formula di reciproca appartenenza”, che esprime un amore totale, come quello tra l’Amato e l’Amata nel Cantico dei Cantici: “Il mio diletto è per me e io per lui” (Ct 2,16). Perciò “chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (Ap 3,6).

Il vero discepolo è colui che si lascia “aprire l’orecchio” da Dio. Tante volte le nostre traduzioni parlano di “aprire l’orecchio”, nel senso di fare attenzione a chi parla; ma in realtà nel testo biblico il riferimento è ben più profondo e impegnativo. La foratura dell’orecchio era il gesto pubblico con cui un ebreo accettava di essere per sempre schiavo di un altro, rinunciando al diritto di essere liberato dopo sette anni: “Se lo schiavo dice: «Io sono affezionato al mio padrone, a mia moglie, ai miei figli; non voglio andarmene in libertà», allora il suo padrone lo condurrà davanti a Dio, lo farà accostare al battente o allo stipite della porta e gli forerà l’orecchio con la lesina; quegli sarà suo schiavo per sempre” (Es 21,6). Era la promessa solenne di servire per sempre un altro, anche rinunciando alla propria libertà. I testi biblici che parlano quindi di “aprire l’orecchio” non sono solo un invito all’ascolto, ma esprimono l’impegno di diventare per sempre fedeli servi del Signore, che a lui donano la propria vita, e quindi devono essere compresi in questo senso: “Il Signore Dio… ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come gli iniziati. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio (ndr: mi ha fatto suo schiavo) e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro” (Is 50,4-5); “Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto (ndr: mi hai fatto tuo schiavo). Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa. Allora ho detto: «Ecco, io vengo». Sul rotolo del libro di me è scritto, che io faccia il tuo volere. Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore” (Sl 40,7-9). Non quindi solo ascolto, ma obbedienza, fedeltà, servizio perseverante.

Ma occorre anche stare attenti a chi si ascolta: “Non ascoltate le parole dei falsi profeti che profetizzano per voi; essi vi fanno credere cose vane, vi annunziano fantasie del loro cuore, non quanto viene dalla bocca del Signore” (Ger 23,16). Ci mette in guardia Gesù: “Guardate che nessuno vi inganni; molti verranno nel mio nome, dicendo: «Io sono il Cristo», e trarranno molti in inganno… Allora se qualcuno vi dirà: «Ecco, il Cristo è qui», o: «È là», non ci credete. Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti” (Mt 24,4-5.23-24). E Paolo: “Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole” (2 Tm 4,3-4). Efrem il Siro, ribadendo quanto l’ascolto possa essere fonte di peccato o di salvezza, ricordava: “La morte è entrata per l’orecchio di Eva”, ascoltando le parole del serpente, “la vita è entrata per l’orecchio di Maria”, perché la Parola stessa di Dio, da lei accolta e fattasi carne nel suo grembo, è diventata redenzione del mondo.

Tante volte Gesù ha fatto udire i sordi (Mc 7,37; 9,25): e segno dell’avvento del Messia è proprio che “i sordi odono” (Lc 7,22). Che il Signore apra i nostri cuori all’ascolto della Parola. E in questo mondo confuso da tante parole vuote e spesso cattive, si realizzi presto la profezia del profeta Amos: “Ecco, verranno giorni, – dice il Signore Dio – in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane, né sete di acqua, ma di ascoltare la Parola del Signore” (Am 8,11).

Carlo Miglietta