Chi può davvero cantare il Magnificat
La scena del mondo attorno a Maria non era quella descritta dal suo canto. Nella sua città , nelle altre tribù di Israele, i poveri restavano nell’immondizia, gli affamati cercavano pane senza trovarlo, i potenti stavano saldi sui loro troni. Il suo è dunque un canto profetico – come quelli di Isaia, come quello di Anna, la madre di Samuele, colei che cantò il primo Magnificat della Bibbia (1Sam 2).
E come ogni profezia, il Magnificat di Maria (che alcuni antichi commentatori attribuivano a Elisabetta, creduta sterile come Anna), è un «già » che indica un «non ancora». Gesù nel grembo di Maria è il «già » di Maria, il suo brano di terra promessa da cui lei può innalzarsi e scorgere all’orizzonte la terra di tutti dove scorre latte e miele.
Qualche «non ancora» di oggi può domani diventare «già » se c’è qualcuno che ora ha la forza di vedere e poi cantare poveri innalzati mentre sono umiliati, saziati mentre hanno ancora fame, ricchi abbassati mentre sono alti e invincibili. Il Magnificat di Maria rivive ogni volta che lo cantiamo credendo al suo «non ancora». Troppi poveri, umiliati, affamati non si innalzano, e troppi ricchi e potenti non si abbassano perché mancano i cantori del «non ancora».
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Il nostro tempo non soffre tanto per indigenza di «già », ma per carestia di «non ancora», e così siamo incapaci di generare un presente per i nostri figli migliore del nostro. Maria, Anna, i profeti tengono viva la promessa senza rimpicciolirla, e mentre cantano il loro Magnificat ci invitano a domandare: «Sentinella, quanto manca al giorno?».
Finché troviamo energie del cuore e della mente per cantare il Magnificat e finché restiamo abbastanza poveri per cantarlo con verità e dignità , possiamo sempre sperare che la notte abbia fine, e che l’aurora ci sorprenda. La notte diventa infinita quando smettiamo di cantare con Maria, quando le non-risurrezioni nostre e delle altre vittime ci convincono che il nostro triste «già » sarà per sempre, che non c’è alba, che non c’è sentinella, che non c’è più nulla da domandare, né un Dio da svegliare.
L’inferno, forse, è un «già » dei poveri senza la speranza di un «non ancora». […]
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