Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
La virtù dell’ascolto
Da un luogo piccolo e chiuso, qual è la casa, che è pure uno spazio protetto e sicuro, Gesù esce per sedersi in riva al mare che è un ambiente più aperto ma che indica anche il confine tra le certezze della terra ferma e l’incognita del mare. Per il fatto Gesù abita i luoghi fisici e psichici degli uomini, essi si radunano attorno a lui, attirati dalla sua capacità di entrare in empatia con loro e condividerne la vita in tutti i suoi aspetti. La barca ormeggiata vicino la riva sulla quale sale diventa la cattedra da cui offrire un insegnamento importante. Sceglie il linguaggio della parabola per spiegare alla gente il senso di ciò che sta avvenendo in quell’incontro.
Gesù sale sulla barca e vi si siede perché coloro che sono con lui e l’ascoltano abbiano davanti a loro il mare immagine che riassume in sé le incognite della vita. A volte anche il nostro sguardo su Dio, soprattutto quando nello specchio d’acqua si riflettono nubi dense e minacciose, è carico di diffidenza e pieno d’interrogativi. Ci fa paura perché ci appare misterioso e la sua volontà un’incognita. Con il gesto di salire sulla barca, mentre la folla rimane sula spiaggia, Gesù chiede di stare difronte alla realtà, anche se dolorosa e difficile da accettare, con uno spirito fiducioso e con cuore aperto all’ascolto.
Infatti, la parabola è rivolta a tutti coloro che attratti da Gesù desiderano ascoltare la sua parola perché essa è per tutti e non per pochi. Tuttavia, Gesù racconta la parabola perché noi possiamo discernere quale tipo di terreno siamo e se il processo di trasformazione del seme-Parola giunge a maturazione o s’interrompe prima. È evidente che Gesù, come il seminatore, sparge il seme perché poi possa passare per raccogliere i frutti. Tra la semina e il raccolto si gioca la nostra responsabilità da cui dipende la fecondità della nostra vita. Dio ci parla in tanti modi e ci benedice con i suoi doni. Gesù riassume in sé tutta la Parola di Dio e tutti i suoi doni di grazia.
La Parola ascoltata e i sacramenti celebrati quale impatto hanno nella nostra vita? La parabola non dà risposte ma suscita interrogativi che ciascuno deve rivolgere alla sua coscienza per verificare che tipo di cristiano è, ovvero se si lascia trasformare dalla Parola di Dio rendendolo fecondo di buoni frutti della carità oppure se intervengono dei fattori, interni ed esterni, che bloccano il processo di maturazione. Tutti abbiamo gli orecchi, cioè la capacità di sentire, ma non tutti coltivano la virtù dell’ascolto. L’ascolto, infatti, prima che essere una capacità e una competenza, è una virtù nella quale trovano sintesi i doni di Dio della fede, della speranza e della carità.
Signore Gesù, che ti immergi nella terra della nostra umanità e per essa sei morto offrendo la tua vita, vienimi incontro e donami sempre la tua Parola di salvezza. La tua parola non rimbalzi incontrando il cuore duro e la mente ottusa, non si bruci perché ascoltata con superficialità e senza desiderio di approfondirla e assimilarla, la sua voce non sia soffocata dalle grida scomposte e confuse delle preoccupazioni di questo mondo. Semina dentro di me la fede perché possa accoglierti con fiducia e aderire alla tua volontà, getta il seme della speranza perché cresca il desiderio di vivere con Te, spargi la carità affinché la Parola di Dio faccia di me il pane spezzato per i miei fratelli e le mie sorelle affamati di amore piuttosto che di cibo.