Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 17 Luglio 2021

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Contro la cultura dello scarto

L’opposizione a Gesù sale sempre più in questo capitolo del Vangelo.

La legge per scribi e farisei non è più la parola che crea e dona vita ma una camicia di forza cucita su donne e uomini, che ne impedisce la vita anziché favorirla.

Le spighe di grano se raccolte di sabato divengono veleno che uccide e non cibo che dà forza.

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I farisei non avevano capito niente, ricorda Gesù: Dio attraverso il profeta Osea chiede: “misericordia io voglio e non sacrifici”.

La compassione per ogni essere umano ha la precedenza su tutto, anche sulle leggi, anzi esse stesse sono a servizio dell’umano, qualunque forma assuma, a noi prossima o totalmente estranea, che giudichiamo “normale” o no.

Il giudizio è sempre e solo di Dio e non nostro: ieri come oggi.

“Non giudicare la realtà personale, sociale, degli altri. Dio ama tutti! Non giudicare, lasciate vivere gli altri e cercate di avvicinarvi con amore” (papa Francesco).

Zittire la voce di colui che denuncia l’interpretazione arbitraria della legge e contraria al suo intento è la strada percorsa dai tiranni di sempre, siano capi politici o religiosi.

È una costante negli ambienti cosiddetti religiosi: le leggi o più ancora le loro interpretazioni prevaricano le persone, annullano la compassione.

Gesù va per la sua strada: è sabato, non si può fare del bene?

Il servo prescelto da Dio è estraneo alle modalità di giudizio e condanna, è pietra scartata e gettata in discarica fuori dalla città, non scelta e posta in bella mostra, modello e baluardo dell’autentico religioso.

Dio ama questo servo: dal battesimo alla trasfigurazione di Gesù risuona la sua voce che lo afferma con forza. Ama suo figlio che sarà oltraggiato, deriso, condannato e ucciso dall’apparato religioso di ieri come di oggi.

Su di lui pone lo spirito per annunciare che “giustizia e pace si baceranno” non con urla e grida arroganti ma con la forza dei miti e umili di cuore.

Due immagini: la canna incrinata e la fiamma smorta.

Fasciare le incrinature è contro la cultura dello scarto. Di fronte a una persona che già ha il cuore spezzato, come una canna incrinata: che cosa faccio? La spezzo definitivamente con il mio giudizio definitivo oppure con uno sguardo, un gesto, una parola, un abbraccio provo a fasciare?

Il vangelo: afferma forse “o è così o si spezza”, o che quella persona viva o muoia?

La fiamma smorta: quando il lucignolo per mancanza di olio si è fatto fumigante, sentiamo i suoi sfrigolii, quasi in vigilia di spegnimento.

Non soffiamogli addosso tutta la nostra presunzione, si spegnerebbe e nemmeno versiamo una massa di olio, annegherebbe ma solo una goccia d’olio per farlo rinvenire.

Nontutti i nostri discorsi teologici, le implicazioni morali, le codificazioni che spesso odorano di ipocrisia, come quelle lontane dispute sul sabato ai tempi di Gesù! 

Diamo allo stoppino che muore una goccia sola, al momento opportuno. Essa fa ardere nuovamente il cuore che si era intristito, rinvigorire la fiducia che si era come consumata.

Impariamo da Gesù, piegato su questa canna incrinata che sono io, su questo stoppino dalla fiamma smorta che sono io. Impariamo da lui a fasciare, a dare una goccia d’olio. Lo Spirito ci illumini come farlo.

fratel Michele


Fonte

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