Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.
RINNEGA TE STESSO
Pietro ha appena finito di confessare Gesù come il Cristo, il Figlio di Dio, e Gesù stesso lo rimprovera allontanandolo da sé. Satana vuol dire inciampo. Pietro è un ostacolo alla realizzazione del piano della salvezza. Sono parole molto dure, ancor più perché seguono la lode di poco prima: beato te Simone… In realtà quello che fa parlare l’Apostolo è l’affetto che nutre per il suo Maestro. Come è possibile che un uomo grande come Gesù debba essere ucciso, che il Messia, colui che era atteso dai tempi più antichi, debba essere rifiutato? Certamente non è questo che gli viene rimproverato, ma il fatto che egli giudichi il disegno divino. Il vero discepolo è colui che rinnega se stesso e prende la sua croce. Cerchiamo di capire. La nostra vita è sospesa tra gioia e dolore. La sofferenza ne fa parte e non può essere eliminata, prova ne è che Gesù stesso ha sofferto. Invece il principe del mondo, Satana, cerca in tutti in modi di farci credere che ogni forma di dolore sia uno sbaglio, un’ingiustizia, qualcosa che ci allontana dal bene. È falso, perché noi sappiamo che senza sacrificio e fatica non si cresce, non si impara, non si migliora. Inoltre la morte, anche se ci fa paura e non vorremmo che ci fosse, esiste e nulla le sfugge. La morte e il dolore non sono il male in sé, certo fanno soffrire, ma sono delle vie di accesso a nuove opportunità. Per cui il bene c’è sempre, piuttosto manca la capacità di vederlo. Rinnegare se stessi significa allora rinunciare alla pretesa di capire tutto e di voler giudicare l’operato di Dio, e mettersi con fiducia nelle mani della Provvidenza, che sa molto meglio di noi che cosa concorra al nostro vero bene. Prendere la propria croce non vuol dire essere contenti di soffrire o cercare di vivere nel peggior modo possibile, ma piuttosto saper accettare serenamente e fiduciosamente le difficoltà e le fatiche della nostra vita, considerandole come strumenti per crescere. Se Gesù avesse rifiutato la croce per noi non ci sarebbe salvezza, né lui, senza morire, sarebbe potuto risorgere. Per cui il Maestro strapazza Pietro perché capisca che non deve giudicare il disegno del Padre, ma deve piuttosto collaborare con coraggio alla sua realizzazione. Noi crediamo nella resurrezione e nella vita eterna, la nostra esistenza attuale non è definitiva, ma è l’opportunità che abbiamo per arrivare all’eternità. È dunque inutile attaccarci a questo mondo e alle sue ricchezze, perché in capo a qualche anno dovremo abbandonare l’uno e le altre. Ecco perché Gesù ci invita a preoccuparci soprattutto del suo giudizio finale. Cerchiamo di essere pronti.