La Parola di questo giorno ci mostra la paradossalità del regno di Dio, perché sconvolge i criteri di giudizio degli uomini. Il vero potere del regno di Dio è l’esaltazione degli umili.
“Ai piccoli il Padre ha rivelato il suo mistero, nascondendolo ai sapienti e agli intelligenti”.
Quand’è che Gesù pronuncia queste parole, secondo Matteo? Gesù aveva poco prima rimproverato aspramente le città che non lo avevano accolto: “Guai a te, Corazin!”. Perciò, il tempo in cui Gesù contrappone sapienti e piccoli è quello in cui registra il fallimento della sua predicazione a delle città molto importanti.
Dio si rivela ai piccoli non perché non abbia di meglio a disposizione. La debolezza di Dio è come un orientamento di fondo: si tratta, piuttosto, dell’adozione di uno stile di umiltà e semplicità, del rifiuto di ogni trionfalismo e di mania di grandezza. Dobbiamo, forse, riconoscere con tutta franchezza che noi a fatica riusciamo a raccordarci con la scelta e con lo stile di Dio. Eppure il Regno si edifica, avanza, proprio per quel mistero di debolezza a cui tante volte noi stessi siamo sottoposti. Il Regno non progredisce con ciò che conta, che ha valore, ma con la testimonianza di inermi, di ciò di cui noi non sapremmo che cosa fare. Forse ci verrebbe fatto quasi di rivolgere a Gesù la domanda di Andrea prima della moltiplicazione dei pani e dei pesci : “Ma che cosa è questo per tanta gente ?”.
Che cosa può aggiungere alla causa del regno la nostra inadeguatezza, la nostra povertà, la nostra pochezza? Eppure, penso proprio che ci sentiremmo rispondere come già ad Andrea : “Portatemeli qua!”. Noi, infatti, siamo gli uomini dell’efficienza: secondo il nostro modo di vedere le cose (la nostra sapienza) è il dispiegamento di mezzi ed energie a stabilire la riuscita di un’azione.Il Signore, invece, bada all’efficacia e per l’efficacia, guarda caso, occorrono realtà molto semplici, insignificanti, realtà che tu scarteresti, preziose, però, per la causa del Regno.
Non è che i sapienti e gli intelligenti abbiano qualche difficoltà o non riescano a comprendere. È proprio che Dio ha nascosto alcune “cose”, gliele ha sottratte, e fa in modo che non le trovino. Noi magari pensiamo siano difficili per questo non le capiamo. In realtà, quelle “cose”, non sono né facili né difficili, sono semplicemente nascoste.
Il Padre, aggira i nostri controlli e svela i suoi segreti, quasi di contrabbando, ai “piccoli”. Da parte di chi si procura una lode? “Dalla bocca dei bimbi e dei lattanti”. Attenti bene: è Dio che sceglie così! Mi viene in mente la Parola del Vangelo prima della passione: “Il Signore ne ha bisogno!” (di un asino !).
Non è che il Signore abbia dovuto accontentarsi di un asino, dal momento che non c’era altra scelta o perché non avesse di meglio a disposizione. Ha proprio voluto l’asino, una cavalcatura modesta, e ha rifiutato il cavallo, di cui non potevano fare a meno i principi. Gesù ha realizzato pienamente la profezia di Zaccaria: si è trovato a proprio agio su quell’asino. Siamo noi che, forse, non abbiamo ancora capito che quella scelta è per tutti quanti noi un’indicazione precisa. Siamo noi, di solito, a stabilire ciò che è idoneo a rendere onore al Signore senza tener conto delle sue preferenze. L’asino che il Signore usa ci indica che l’annuncio del Vangelo progredisce non con il troppo, ma con il poco. Gesù non ama imporsi ma attrarre, perciò avanza silenziosamente, discretamente: il ritmo lento dell’asino gli va bene.
Dio si concede unicamente ai puri di cuore. Naturalmente anche i dotti possono giungere a partecipare della rivelazione di quelle “cose”, ma non certamente esibendo il certificato di “sapienti e intelligenti”, bensì facendosi piccoli, umili, cercando di purificare il proprio cuore.
Del resto è Gesù stesso che ci ammonisce: “se non diventerete come bambini, non entrerete…”. Entrare nei misteri del regno è dono del Padre, ma è un dono che trova terreno pronto all’accoglienza, nella piccolezza. La piccolezza, da un punto di vista evangelico, è non pretenziosità, naturalezza, assenza di complicazioni, spontaneità, capacità di meraviglia, disponibilità a ricevere, gratitudine, ma soprattutto è lasciarsi fare da Dio, proprio come un bambino è ciò che ne fa l’ambiente in cui vive.
I piccoli sono coloro che hanno capito che nell’agire di Gesù, umile, povero, misericordioso, c’è l’opera di Dio, mentre i saggi affermano: “ma no, noi aspettiamo ben altro; questo Messia non ci basta”.
Finché non avremo ridotto al minimo le dimensioni del nostro orgoglio e della nostra presunzione, non saremo in grado di capire, cioè di ricevere.
AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM