don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 13 Luglio 2021

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IL SIGNORE SI E’ FATTO COME NOI PERCHE’ LO POTESSIMO ACCOGLIERE ED ESSERE TRASFORMATI IN FIGLI DI DIO


AUTORE: don Antonello Iapicca FONTE: Newsletter SITO WEB CANALE YOUTUBE

Il peccato di Sodoma e Gomorra non è innanzitutto, come di solito si pensa, quello di una sessualità pervertita. La tradizione giudaica insiste invece sull’unica regola di Sodoma: il rifiuto dell’ospitalità, che è sempre la madre di ogni disordine, anche di quello sessuale. I nomi di Sodoma e Gomorra in ebraico sono rispettivamente “il campo” e “i covoni”.

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Nomi legati alla fecondità, alla prosperità, che evocano semi e seminagione, immagine e profezia del Messia e dell’amore. Fecondo è solo chi accoglie l’amore, chi lascia che il seme penetri e dia inizio alla vita; chi si chiude in se stesso e nel proprio egoismo cercherà nell’altro soddisfazione e gratificazione, sempre infeconde, come accade nei rapporti contro natura. Non accogliendo gli stranieri diversi da loro, gli abitanti di Sodoma li obbligavano a sottomettersi, per questo li sodomizzavano, facendone così una loro proprietà.

Ciascun uomo sulla terra, covone del campo di Dio, è invece sua proprietà. Non accogliere Cristo, e il prossimo per il quale ha versato il suo sangue, è non accogliere se stessi, rifiutando la propria identità e l’unico senso della propria vita. Precipitare è allora la naturale conseguenza di una scelta, non un castigo ingiusto di un Dio ingiusto: o apriamo la porta a Cristo per accoglierlo, o spalanchiamo le finestre per buttarci giù e suicidarci, non ci sono alternative.

Chi non accoglie Cristo si suicida in una eutanasia dell’anima che le sottrae l’unico alimento che la fa vivere ed essere feconda. Sodoma e Gomorra richiamano a una storia d’amore tradita per superbia e autosufficienza, gli stessi peccati delle altezzose Cafarnao e Corazin, della ricca Betsaida, troppo radical e liberali in quella Galilea al confine tra Israele e la terra pagana, così incline ad assorbirne le idolatrie e diluirvi la propria fede. Forse non giungiamo a chissà quali nefandezze, ma il principio è lo stesso: difendiamo quello che desideriamo fare, inzuppandolo nella melassa della libertà e dei diritti.

Che fare? Pentirci, convertirci, riconoscere che senza Cristo siamo solo polvere, nudi di vergogna. Perché lo potessimo accogliere ha accettato il rifiuto e le dure condizioni del nostro cuore malvagio e si è lasciato inchiodare alla Croce che lo rendeva simile a noi.  E di nuovo viene a noi nella Chiesa vittorioso sul nostro peccato per annunciarci il perdono e la possibilità di divenire figli di Dio in Lui.  

Convertiamoci seriamente allora, perché esiste un giudizio e ci attende una sorte leggera o pesantissima. Ma il giudizio è anticipato oggi nella predicazione del Vangelo, ed è misericordia per chi lo accoglie, condanna per chi lo rifiuta.