Commento alla Parola della domenica a cura di don Vanio Garbujo. Visita il suo sito www.igiornidelrischio.com
Dio ci ha benedetti tutti
San Paolo nella Lettera agli Efesini che abbiamo ascoltato esordisce così: Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
San Paolo – nel nostro mondo lacerato da discordie, sospetti, violenza – ci invita a benedire Dio che ci ha benedetti e se ci ha benedetti, ci ha benedetti tutti, senza distinzioni e se ci ha benedetti tutti senza alcuna condizione allora, a nostra volta, siamo chiamati a benedirci gli uni gli altri. A dire bene di ciascuno e se proprio non troviamo motivi per dire bene allora – aggiungo io – impariamo la difficile e meravigliosa arte del silenzio. Chi non sa benedire Dio e/o il prossimo meglio per lui che impari a tacere, a non ferir nessuno, a evitare di dire male.
Dunque, se l’invito di oggi è benedire e la tentazione è di fare tutt’altro, come possiamo imparare a dire bene gli uni degli altri? Ci sono alcune parole che potrebbero diventare le coordinate esistenziali del discepolo: chiamare, prendere, mandare.
Il Signore chiama, prende, manda
Il Signore mi prese – dice Amos. Con questa espressione il profeta descrive la sua esperienza di vocazione a profetizzare la parola di Dio in mezzo agli uomini. Il Signore lo prese, con lo stesso verbo, prendere, la parola di Dio nel Libro della Genesi descrive il gesto di Eva che prende, appunto, il frutto dell’albero. Il verbo prendere può avere diverse connotazioni. Nel caso di Eva è un prendere di possesso, per rubare, per fame di conoscenza, per abuso di potere.
Con Dio prendere è quasi sempre in riferimento all’uomo ed è spesso accompagnato a un sé, ossia prendere con sé, mi prese con sé, li prese con sé. Dio prende a sé per realizzare un’intimità, una relazione di amicizia, una conoscenza.
Il prendere di Dio ha a che fare con la vicinanza, l’amore, la custodia, la prossimità e la libertà.
È un prendere che si concretizza nel chiamare e mandare. Questo aspetto è molto chiaro anche nel Vangelo in cui Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri.
Ecco i tre verbi del discepolo del Signore: essere presi presso Dio, essere da lui chiamati e, poi, da lui inviati ad andare a portare il suo annuncio. Essere chiamati, presi e mandati. Questi tre verbi possano essere davvero molti “utili”, oltre che nel rapporto con Dio, anche per discernere e conoscere il nostro modo di rapportarci con gli altri: anche noi prendiamo gli altri, ma li prendiamo per noi stessi o presso di noi, c’è libertà nel nostro mondo di relazionarci agli altri oppure no? E poi, i nostri rapporti sono preoccupati di generare felicità, crescita oppure è un prendere ammalato di tornaconto?
Essere potenti
Gesù dona potere ai discepoli. Il potere di essere coraggiosi e franchi, verso chi rifiuta l’amore di Dio Chiamati, certo, a non imporre niente a nessuno, ma nemmeno tacere per il politicamente corretto. E, ancora, potere di Scacciare i demoni, ungere con olio gli infermi e guarire.
Questo stesso amore ricevuto se donato e condiviso ha il potere della consolazione, della guarigione, della distruzione del male.
don Vanio ha scritto anche una poesia che puoi leggere qui.