p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 9 Luglio 2021

496

È nell’essere mandati come agnelli in mezzo ai lupi che si può incarnare l’atteggiamento della gratuità.

È grazie all’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo che è possibile comprendere qualcosa della nostra chiamata ad essere sale della terra e luce del mondo.

Siamo mandati nel mondo ad annunciare la Buona Notizia senza cedere alla tentazione della cattiva notizia.

La pecora, l’agnello, è un animale utile oltre che umile. La pecora infatti dona cibo e vestito in vita, si fa cibo e vestito in morte. Ecco perché l’Agnello di Dio diventa cibo e bevanda di salvezza per noi e i nostri fratelli.

La pecora è simbolo di Dio prima, e del cristiano poi, non per essere chiamati a fare i pecoroni, ma perché Gesù dona, e il cristiano con Lui, esistenza ad ogni creatura, una creatura che non abbandona mai neppure sulla croce dove dona se stesso come vita.

Noi sappiamo che una pecora non potrà mai essere lupo, neppure un milione di pecore potranno avere questo destino. I discepoli, è essenziale, che mantengano la qualità dell’agnello non divenendo mai potenti e arroganti, e quindi inutili e dannosi.

Si dice che ogni uomo è lupo per l’altro uomo. Sappiamo che la violenza domina il mondo e chi ne fa le spese è il mite. Nonostante questo noi sappiamo che il mite erediterà la terra, non il lupo.

Anzi il lupo, cioè noi, che mangia l’Agnello, cioè Dio fattosi pane, si trasforma nel cibo che prende. Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo: beati gli invitati alla cena del Signore!

Perseverare nell’annuncio della Buona Notizia, nell’esserci, nel non essere tentati di essere primi, è dono di gratuità e di salvezza. Chi persevererà fino alla fine sarà salvato.

Infatti la vita è dono e salvata sarà solo la vita donata, donata fino alla fine, donata fino alla fine in gratuità. Infatti solo la gratitudine è rigenerante e perseverante. Il tornaconto non ci può essere sempre e nel momento in cui non c’è e c’è la pretesa di esserci, tutto va a rotoli.

Non cedere dunque alla tentazione del potere lupesco, ma continuare a vivere nella dimensione da agnelli per potere divenire cibo. Perché nel credere che è solo la morte del salvatore che può salvare; non è nell’uccisione della morte e di colui che vuole dare morte che c’è salvezza. Solo nel salvatore che vive la dimensione della morte vi può essere assorbimento della morte e annullamento della morte stessa.

L’Agnello di Dio sulla croce immolato diventa vita e diventa vitale.

Salvare infatti non vuol dire uccidere il persecutore. La salvezza c’è quando qualcuno muore. Ma questa morte non potrà mai essere provocata dal salvatore, è solo la morte del salvatore che può essere salvezza.

È il lupo che mangia l’agnello che è trasformato nel cibo che prende. È il lupo che mangia il Pane di vita che è trasformato in Pane per il fratello.

È il lupo che mangia il pane che è corpo donato che diventa pane a sua volta con l’assorbimento di tutta la negatività di male che c’è nel lupo stesso che altro non è, in fondo, che desiderio di potere e di fagocitamento della libertà del fratello.

Il lupo che mangia l’Agnello, il Pane di vita, diventa fratello, per questo salvato e convertito, per questo a sua volta diventa agnello, pecora, fratello, figlio.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM