Agnelli e non lupi
“Per causa mia”, “A causa del mio nome”: il vangelo oggi ci ricorda che l’essere cristiani, il camminare alla sequela del Figlio dell’uomo, non è una facile scorciatoia, non è la risposta a tutte le nostre domande, non è la soluzione comoda alle difficoltà e ai problemi che accompagnano l’esistenza di ogni persona, ma anzi ci dice che per il credente alle fatiche che appartengono all’umano vivere si aggiungono le ostilità, le inimicizie e addirittura le persecuzioni e la morte patite a causa del nome di Gesù, a causa dell’appartenenza a lui e a lui solo.
Di più: Gesù, nel suo discorso, nel descrivere l’inimicizia che i discepoli subiranno, passa da uno scenario esterno (“Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali”), a quello più prossimo dell’appartenenza religiosa (“vi flagelleranno nelle loro sinagoghe”), a quello ancora più intimo della parentela e della famiglia (“il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno”).
Come affrontare tutto questo? Come riuscire a mantenersi pecore quando si è in mezzo ai lupi? Come portare il peso di tanto odio e inimicizia senza restarne schiacciati o, che sarebbe ancora peggio, senza trasformarsi a nostra volta in crudeli persecutori?
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Gesù ci indica quattro aspetti che hanno caratterizzato la sua stessa vita: la prudenza del serpente, la semplicità della colomba, il lasciarsi ispirare dallo Spirito, l’essere stranieri e fuggiaschi.
Aspetti questi che a un primo sguardo potrebbero sembrare molto disparati, addirittura contraddittori: come conciliare l’essere prudenti come serpenti con l’essere semplici come colombe? Come poter dare testimonianza lasciandosi ispirare dallo Spirito e nello stesso tempo fuggire di città in città?
Forse l’unità di queste quattro attitudini, di questi quattro modi di affrontare l’ostilità e la persecuzione, sta nel fatto che essi sono modi diversi di incarnare la stessa postura interiore di chi vive “disarmato”, di chi non risponde male per male, di chi desidera solo e soltanto la pace.
Ecco allora che di fronte all’inimicizia egli sceglie la via più appropriata per bloccare il male, per non lasciare che dilaghi, a costo di prendere sopra di sé tutto il peso di questo “mettere un argine”. Così di volta in volta sceglierà se è meglio agire prudentemente, oppure essere semplice, oppure fuggire ritirandosi in un altro luogo, oppure stare di fronte ai propri aguzzini e accusatori con parresia e fortezza.
L’unico elemento che rimane costante è il perseverare nella sequela, il non rinnegare il “bel nome” invocato su di noi, il lasciarsi guidare dallo Spirito, il diventare sempre più conformi al nostro maestro e Signore, il quale lungo tutta la sua esistenza agì anch’egli con tutta la varietà di queste modalità.
Il Signore ci doni di voler essere come lui, agnelli e non lupi, e di cercare sempre la via della pace, quella via che lui stesso ha percorso prendendo su di sé, come agnello mite e afono, i nostri peccati per donarci la salvezza.
sorella Ilaria
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