don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 6 Luglio 2021

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Venne fra la sua gente ma i suoi non l’hanno accolto… credo sia la parola grazie alla quale possiamo rileggere il brano evangelico consegnato a noi in quest’oggi. A tema il mistero del rifiuto o, se volete ancor peggio, l’ostinazione del non riconoscere. Mc parlerà di bestemmia contro lo Spirito Santo: il sottrarsi, cioè, coscientemente, alla possibilità stessa di essere perdonati perché ci si chiude alla luce, perché si stravolge il senso di ciò che accade sotto i nostri occhi. In questo caso non c’è via di scampo. Non c’è scampo, infatti, là dove pur vedendo che Gesù insorge contro il potere di satana (ha appena liberato un uomo), non si riesca ad attribuire a Dio una simile azione ma addirittura all’astuzia e all’inganno di satana. Viene riconosciuto che Gesù abbia un potere superiore ma non si vuol riconoscere che questo gli venga da Dio. E così Gesù si ritrova separato da Dio. Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.

Nell’opinione della gente di quel tempo, Satana dominava il mondo mediante i demoni (daimônia). Era un uomo forte e ben armato che guardava la sua casa. La grande novità era il fatto che Gesù riusciva a scacciare i demoni. Segno che era ed è l’uomo più forte che è venuto. Con l’arrivo di Gesù il regno di Beelzebul entra in declino: “Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio”. Quando i maghi del Faraone videro che Mosè faceva cose che loro non erano capaci di fare, furono più onesti degli scribi dinanzi a Gesù e dissero: “Qui c’è il dito di Dio!” (Es 8,14-15).

Ma cosa viene a dire alla nostra vita di cristiani? Che vedere da vicino i miracoli che Gesù compie non produce necessariamente la fede. E, ancora, che si può avere un’idea così rigida di regole e precetti, un senso cioè così confortante delle proprie sicurezze e dei propri parametri interpretativi, da non riuscire a vedere alcun bene che possa nascere al di fuori dei propri recinti mentali. E il rischio – lo sappiamo – non è finito con la scomparsa di scribi e farisei. È il peccato della presunzione, quello di chi si chiude dietro dei diktat: non è possibile…
Al cristiano è proibito aver paura di Satana! Per la sua risurrezione e per la sua azione liberatrice, Gesù allontana da noi la paura di Satana, dà libertà al cuore, fermezza nell’azione e fa spuntare la speranza sull’orizzonte! Dobbiamo camminare lungo la Strada di Gesù con il sapore della vittoria sul potere del male!
La messe è molta…

Mi pare indichi un passaggio da compiere: dalla lamentela al riconoscimento, dal lamentarsi di ciò che manca al riconoscere ciò che c’è già.
Ai discepoli inviati in missione, a noi dunque, è chiesto di partecipare della sua stessa capacità di guardare il mondo, la storia, gli altri. La messe richiama il raccolto, non la semina: c’è una umanità, sembra dire Gesù, che attende con impazienza uomini e donne capaci di cogliere le sue istanze più vere. Là dove saremmo portati a vedere solo impossibilità e incapacità ci sono già i segni del nuovo. Occhio ai germogli, dunque.

L’annuncio che siamo chiamati a portare deve essere coniugato con la capacità di riconoscere tutto ciò che di evangelico c’è già nella vita della gente. In quella donna di Samaria mancava forse una vita morale (5 mariti più 1) ma non certo il desiderio di una pienezza di vita.
La messe indica qualcosa che c’è già e che va riconosciuto. Come guardo questo mio mondo, questa mia vita? Sono capace di riconoscere i germogli teneri, fragili, forse, che nondimeno già annunziano il nuovo che anela a nascere?
A noi tentati di guardare la realtà dal punto di vista di ciò che manca, Gesù consegna l’invito a farci esploratori di quella ricerca del bene che attraversa le pieghe della storia.

Al dire di Gesù non manca il raccolto ma operai che sappiano riconoscerlo. Questo deve farci pensare e non poco: mancano uomini e donne che riescano ad andare in profondità, là dove si annidano i desideri più veri dei loro fratelli. E non è una questione soltanto di vocazioni alla vita consacrata o sacerdotale. È qualcosa che riguarda tutti quanti noi. Pregare il padrone della messe: ciò che manca è gente in grado di accompagnare i travagli, le nascite, di portare a gestazione mondi ancora inesplorati ma non per questo irrealizzabili.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM