don Francesco Pedrazzi – Commento al Vangelo del 4 Luglio 2021

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Acqua sulla roccia

Gesù non può fare nulla dinanzi ai cuori induriti dalla superbia e dall’incredulità

«Impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità». Troviamo queste parole nel racconto evangelico di questa domenica. Gesù ha iniziato da poco il suo ministero pubblico e desidera annunciare il Regno di Dio, cioè mostrare che Dio è un Padre infinitamente buono, un Dio vicino all’uomo, che offre a tutti la grazia del perdono, della guarigione del cuore e della liberazione dal male. Ma come l’acqua che cade sulla roccia non può fecondare il terreno, così la sua opera deve fare incontri con i cuori induriti, resi impermeabili dall’incredulità.

Da notare la contrapposizione tra l’essere malati e l’essere increduli: Gesù può guarire solo «pochi malati», gli altri non possono essere guariti perché “increduli”. Essere increduli equivale perciò al credere di essere sani, di non avere bisogno di essere guariti.

D’altra parte, le beatitudini proclamano: «Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli, beati coloro che hanno fame e sete…» e, viceversa, «Guai a coloro che si credono ricchi e che sono sazi!» (cf. Mt 5,3.6; Lc 6, 24-25).

Gesù si trova nella sua città, Nazaret. «Venne tra i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto», si legge nel prologo di Giovanni. L’incredulità dei suoi compaesani ci deve fare riflettere. Deriva dalla presunzione di conoscere Gesù, da un pre-giudizio. Invece di porsi ai piedi di Gesù e invocare la misericordia di Dio, si pongono su un piedistallo e lo giudicano. È una tentazione che riguarda i vicini, gli operai della prima ora, quelli che credono di sapere tutto su Dio, sul vangelo, sulla Chiesa, solo perché da una vita si ritengono dei “buoni cristiani”.

Sarebbe meglio avere una “spina nella carne” come Paolo – seconda lettura di oggi –  per divenire maggiormente consapevoli della propria debolezza e cercare in Dio la nostra forza, piuttosto che crederci forti per i nostri meriti e divenire orgogliosi e quindi increduli! Le parole profetiche non possono portare nessun frutto nel cuore superbo, anzi divengono un capo di accusa – come si legge nella prima lettura – perché coloro che rifiutano l’appello alla conversione del «profeta» che «si trova in mezzo a loro» meritano di essere considerati «una razza di ribelli».

«Pietà di noi, Signore, pietà di noi!». Preghiamo con le parole del Salmo 122, come malati davanti a un medico, come assetati davanti ala Sorgente della Vita. Amen.

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