Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 3 Luglio 2021

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La fatica della fede pasquale

Oggi la Liturgia ci invita a fare memoria dell’apostolo Tommaso, che tutti noi spesso ricordiamo solo per la sua incapacità di credere alla testimonianza degli altri apostoli che gli annunciano la buona notizia di Gesù Risorto: il Signore vivente per sempre. 

Tommaso è per eccellenza l’incarnazione del discepolo che rimane incredulo nonostante la testimonianza dei suoi fratelli.

Assente alla prima apparizione di Gesù Risorto alla sua comunità, Tommaso non ha fiducia nei suoi fratelli e vuole avere un rapporto immediato e diretto con il Signore: vuole vedere… vuole toccare… in prima persona. Non accetta mediazioni.

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Eppure una tradizione antica lo ricorda come il grande evangelizzatore dell’India e i cristiani del Malabar lo venerano ancora oggi come il fondatore della loro chiesa. 

Attraverso la figura di Tommaso il vangelo di oggi ci consegna un vero itinerario di crescita nella fede.

Gesù si manifesta una seconda volta ai discepoli; si pone in mezzo a loro come il Signore Vivente e dice: «Pace a voi!». Tommaso ora è presente, ora è unito a quella comunità ancora impaurita. 

Gesù mette nei loro cuori timorosi la sua pace e mostra loro i segni della sua passione e della sua morte: prima le mani e i piedi trapassati dai chiodi che lo tenevano appeso alla croce; poi il costato trafitto dal colpo di lancia. Gesù è il Risorto, ma il suo aver sofferto fino alla morte non è cancellato. 

I segni delle ferite subite, sempre, restano indelebili e ben visibili: così avviene anche nel corpo di Gesù trasfigurato dalla resurrezione.

Gesù Risorto ora si rivolge personalmente a Tommaso, che però non si vede ammonito o rimproverato o condannato. Gesù accoglie Tommaso in tutta la sua fragilità e lo invita a fare ciò che desiderava: «Metti qui il tuo dito … guarda le mie mani … stendi la tua mano».

Di fronte a colui che gli dona fiducia, Tommaso ora si sente pronto a contraccambiare con la stessa fiducia e si inginocchia davanti al Risorto esclamando: «Mio Signore e mio Dio!». 

Grazie a Tommaso Gesù può pronunciare la grande beatitudine della fede: «Beati quelli che pur non avendo visto crederanno!» (v.29). Potremmo parafrasare: beati coloro che, pur non vedendomi quale Risorto come gli apostoli, crederanno che io sempre ho fiducia in loro, perché sono venuto non per chi si reputa giusto e forte, ma per gli ultimi e i fragili.

Tommaso non va dunque considerato il prototipo del discepolo indegno, l’esempio dell’accanito incredulo contro cui puntare il nostro dito accusatore; egli è piuttosto colui che riassume e rappresenta in sé il faticoso cammino attraverso il quale ogni discepolo nella storia è chiamato a riporre fiducia nel Signore.

La fede pasquale non è il frutto di un’esaltazione religiosa o di un entusiasmo di gruppo, ma è una vittoria di Gesù risorto sulla nostra paura che è la grande nemica della fede perché paralizza ogni cammino di maturazione.

Il vangelo odierno ci consegna un itinerario per giungere a riporre la nostra fiducia in Cristo Risorto che sempre viene e resta in mezzo a noi offrendoci la sua pace.

Tommaso, nella sua fragilità, ha avuto il coraggio di seguire i passi del Signore, ovunque Egli andasse. A noi, discepoli di Cristo nella storia, la stessa responsabilità.

fratel Emiliano


Fonte

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