Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
Lacrime che irrigano i deserti dell’anima e sorriso che consola i cuori affranti
In un piccolo villaggio alle porte di Gerusalemme la casa di due anziani e pii israeliti è in festa perché nasce il loro figlio dopo che ogni speranza di averne uno era svanita da tempo. Si compie la parola che l’angelo Gabriele aveva annunciato a Zaccaria, sacerdote del tempio e padre del neonato. Elisabetta, madre del bambino, diventa per i parenti e gli amici la testimonianza diretta della misericordia di Dio che, come dice la Scrittura, «fa sfiorire la ricca di figli e rende fecondo il grembo della sterile».
Il clima di festa però sembra essere turbato da una piccola «querelle» riguardo il nome da dare al bambino. I parenti e gli amici di Zaccaria ed Elisabetta sono allo scuro dell’apparizione che il sacerdote aveva ricevuto nel tempio e del messaggio angelico nel quale era stato anche notificato il nome da imporre al nascituro, Giovanni, per l’appunto. È Dio stesso che, mediante il suo messaggero, indica il nome e con esso la sua missione. I due anziani, ancorché novelli genitori, con la scelta del nome, che contraddice il parere di tutti, vogliono confermare la loro fede in Dio e l’obbedienza alla sua volontà. Rendono così manifesta la loro riconoscenza per un dono inatteso che non considerano come loro esclusiva proprietà ma è per la gioia di tutti.
La prima testimonianza del piccolo Giovanni è data danzando di gioia nel grembo della madre alla presenza di Gesù, anch’egli nell’utero di Maria. Gesù è chiamato da Gabriele «Figlio dell’Altissimo» e Zaccaria, finalmente liberato dal mutismo, indica in suo figlio il «profeta dell’Altissimo». Nel nome «Giovanni» è racchiusa la promessa di Dio di salvare il suo popolo dai suoi peccati attraverso Gesù il cui nome significa «Dio salva». Con la sua vita austera Giovanni mostrerà a tutti gli uomini la necessità di fare penitenza, non perché afferrati dai sensi di colpa, ma perché spinti dal gioioso desiderio di incontrare Dio e sperimentare la sua potenza salvifica che rinnova la vita.
Giovanni è per i suoi genitori, e per ciascuno di noi, una grazia che, scuotendoci, fa scivolare di dosso la coltre dell’abitudinarietà la quale ci impedisce di stupirci davanti al miracolo della vita. Esso si rinnova ogni qual volta la Parola di Dio trova accoglienza nel cuore dell’uomo e annuncia, con sempre maggiore forza, che la vita è dono di Dio, non prodotto dei nostri sforzi.
Signore Gesù, davanti al quale Giovanni, ancora nel grembo della madre ha esultato di gioia, fa che la tua Parola possa essere accolta nel mio cuore con lo stesso entusiasmo dei profeti e con il loro medesimo timore, consapevole della immensa distanza tra la mia povertà e la tua grandezza. Ti ringrazio perché ancora scegli tra i più piccoli gli annunciatori del vangelo perché sia chiaro che la sua efficacia non dipende dalle insufficienti forze umane ma dalla tua misericordia che fa rifiorire la vita anche lì dove il peccato semina la morte. Usa, Signore, le mie lacrime per irrigare le anime aride e il mio sorriso per consolare i cuori freddi.