Dave Hach – Commento al Vangelo del 20 Giugno 2021

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Il celebre racconto evangelico della tempesta sedata da Gesù, è una metafora della lotta contro le potenze del male, ed è collocata nella sequenza dei quattro prodigi che accompagnano le parole pronunciate da Gesù nelle Sue parabole:
– La tempesta sul lago.
– L’indemoniato.
– L’emorroissa.
– La figlia di Giairo.

In mezzo a ciascuno di questi prodigi vi è un lineamento del volto segreto di Gesù, i cui contorni sono sempre più impenetrabili e sconvolgenti. Il contenuto della narrazione di questo salvataggio miracoloso è retto da tre interpreti.

Il primo interprete è il cosmo imperversato, rappresentato nel racconto dalla tempesta che si scatena sul lago di Tiberiade, detto anche mare di Galilea. Il simbolo è trasparente: s’intravedono tutte le grandi tempeste di vento della storia, la bufera dei mali, delle oscurità e delle contraddizioni. Qui, l’evangelista Marco si riferisce alla celebre narrazione popolare di Giona: il Maestro appare come Giona, però un Giona al contrario: non riluttante, ma missionario verso i pagani, in obbedienza al Padre.

Tuttavia, Giona e Gesù sono due missionari di misericordia, ed ambedue la annunciano a caro prezzo: discendendo nel vortice delle acque e affrontando la grande tempesta, in quanto solo attraversandola si vince il male. Ecco il motivo per il quale Gesù dirà che alla sua generazione sarà dato solo il segno di Giona, ossia la parabola della misericordia annunciata a prezzo della discesa nelle acque di morte.

Un’altra classe di interpreti è rappresentata dai discepoli che lanciano a Gesù una invocazione particolare, quella di Rabbuni: la Sua Parola è quella stessa del Padre, efficace e potente. Una Parola che ha il potere di quietare le acque, un’opportunità aperta solo al Padre celeste, secondo il libro di Giona e di Giobbe.

Infine, osserviamo con interesse il terzo interprete, Gesù, che governa tutta la scena. Il Maestro si erge per sfidare il primo interprete, il mare che è considerato come fosse una persona. Di fatto, le parole riportate dall’apostolo Marco sono insolite: «…minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!»». Queste sono espressioni peculiari degli attacchi di Gesù contro Satana. Nel mare si riassume, allegoricamente, tutto il male che il Maestro è venuto a combattere e a sconfiggere: lotta che Gesù Cristo ha vinto.

La conclusione di questa narrazione dell’evangelista Marco, induce quasi tutti gli ascoltatori a porsi l’interrogativo fondamentale sul Maestro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Ora, possiamo svelare l’autentico e segreto fine del racconto della tempesta di vento sul mare di Galilea sedata: non si tratta della celebrazione di un grande taumaturgo, bensì è l’illuminazione del mistero di salvezza nascosto nella figura del Maestro. A Gesù, come sempre, ci affidiamo durante le oscurità, le difficoltà e le tempeste: «Nulla ti turbi, / nulla ti spaventi: / tutto passa. / Dio non muta. / Tutto ottiene / la pazienza; / a chi Dio possiede / nulla manca. / Dio solo basta».

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