Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 6 Giugno 2021

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Una presenza nascosta ed efficace

Vivendo la grande Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo siamo portati a farci una domanda: che differenza c’è tra quello che celebriamo il Giovedì Santo, giorno eucaristico per eccellenza, e la ricorrenza odierna? In realtà, il Mistero che si contempla nelle due giornate è il medesimo e indiviso. Si tratta in entrambi i casi di adorare la profondità dell’Amore di Cristo che non ha voluto lasciarci orfani, ma si è donato all’umanità attraverso questo segno umile ed efficace della sua Pasqua.

Il Figlio di Dio, nell’ultima cena, ha deciso di farsi presente sotto le specie del pane e del vino consacrati, per diventare nostro compagno di viaggio, nostro sostegno, nostro nutrimento e nostra forza. Non sarà azzardato provare a rispondere alla domanda iniziale dicendo che nelle due ricorrenze liturgiche emergono due diverse sfumature dell’unico Mistero: il Giovedì Santo l’attenzione si rivolge maggiormente sull’evento dell’istituzione del sacramento, inserito nel passaggio Pasquale di Gesù; la solennità odierna, invece, guarda maggiormente alla presenza reale e nascosta di Gesù con il suo Corpo, il suo Sangue, la sua Anima e la sua Divinità nel Santissimo Sacramento.

La fede millenaria della Chiesa ci insegna che dopo l’imposizione delle mani del sacerdote, l’invocazione dello Spirito e le parole stesse di Gesù, il pane e il vino offerti sull’altare si trasformano nel Corpo e Sangue di Cristo realizzando il miracolo della transustanziazione, attraverso il quale Egli si fa presente in modo vivo, vero, reale e sostanziale. Per la potenza dello Spirito, la sostanza intima del pane e del vino non è più tale, ma misteriosamente diviene il Corpo e il Sangue del Salvatore Risorto e Vivente. È un mistero incomprensibile alla sola ragione umana. Ieri come oggi, chi non entra attraverso la porta della fede, difficilmente può riconoscere e accettare questa verità.

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San Tommaso d’Aquino, in uno degli inni liturgici a lui attribuiti, ci fa cantare: “praestet fides supplement Sensuum defectui” (ci sia il supplemento della fede al fallimento dei sensi) e in altro inno afferma: “visus, tactus, gustus in te fallitur, sed auditu solo creditur” (la vista, il tatto, il gusto in Te si sbagliano, si crede soltanto con l’ascolto). San Paolo ci ricorda: “la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo” (Rm 10,14). Dalla Parola noi crediamo che Cristo è veramente presente e operante nel Sacramento. Per tale ragione ci viene riproposto il racconto dell’istituzione, con le parole di Gesù da credere e ascoltare: “questo è il mio corpo, … questo è il mio sangue“.

Non sono soltanto parole informanti, ossia che istruiscono su qualcosa, ma per la potenza dello Spirito, sono parole performanti, ossia che realizzano quanto contengono, trasformando. La Solennità nata nella diocesi di Liegi in Belgio nel 1247 come reazione all’eresia antieucaristica di Berengario di Tours, che riteneva la presenza di Cristo solo simbolica, fu poi estesa a tutta la Chiesa nel 1264 da papa Urbano IV, dopo il riconoscimento del miracolo eucaristico di Bolsena, quando nelle mani di un sacerdote assalito da dubbi di fede, la Santa Ostia sanguinò lasciando tracce inequivocabili. È proprio il rafforzamento della fede nella presenza reale di Cristo il fine di questa celebrazione: siamo invitati per questo a rinnovare la nostra fede e devozione nell’Eucaristia.

Se crediamo, amiamo e viviamo l’Eucaristia, la sua forza trasformatrice non può lasciarci indifferenti. Parlando ai bambini che si preparavano a ricevere per la prima volta la Santa Comunione, alla domanda del piccolo Andrea che chiedeva: «La mia catechista, preparandomi al giorno della mia Prima Comunione, mi ha detto che Gesù è presente nell’Eucaristia. Ma come? Io non lo vedo!», Benedetto XVI così rispondeva: “Sì, non lo vediamo, ma ci sono tante cose che non vediamo e che esistono e sono essenziali. Per esempio, non vediamo la nostra ragione, tuttavia abbiamo la ragione. Non vediamo la nostra intelligenza e l’abbiamo. Non vediamo, in una parola, la nostra anima e tuttavia esiste e ne vediamo gli effetti, perché possiamo parlare, pensare, decidere ecc… Così pure non vediamo, per esempio, la corrente elettrica, e tuttavia vediamo che esiste, vediamo questo microfono come funziona; vediamo le luci. In una parola, proprio le cose più profonde, che sostengono realmente la vita e il mondo, non le vediamo, ma possiamo vedere, sentire gli effetti. L’elettricità, la corrente non le vediamo, ma la luce la vediamo. E così via. E così anche il Signore risorto non lo vediamo con i nostri occhi, ma vediamo che dove è Gesù, gli uomini cambiano, diventano migliori. Si crea una maggiore capacità di pace, di riconciliazione, ecc… Quindi, non vediamo il Signore stesso, ma vediamo gli effetti: così possiamo capire che Gesù è presente. Come ho detto, proprio le cose invisibili sono le più profonde e importanti. Andiamo dunque incontro a questo Signore invisibile, ma forte, che ci aiuta a vivere bene” (Incontro con i bambini della prima comunione, Piazza San Pietro, sabato, 15 ottobre 2005).  


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