don Ivan Licinio – Commento al Vangelo del 6 Giugno 2021

594

Cosa cambia?

L’odierna solennità del Corpus Domini nasce da una domanda interiore. Nel 1263 un sacerdote boemo in pellegrinaggio verso Roma, mentre celebrava Messa a Bolsena, allo spezzare l’ostia consacrata fu attraversato dal dubbio della presenza reale di Cristo. In risposta alle sue perplessità, dall’ostia uscirono allora alcune gocce di sangue che macchiarono il corporale di lino, conservato oggi nel duomo di Orvieto. L’anno successivo papa Urbano IV istituì la solennità del Corpus Domini per tutta la Chiesa cattolica.

Quella domanda è valida ancora oggi per tutti noi: quanto l’Eucarestia incide sul nostro modo di essere cristiani? La pandemia ci ha messo dinanzi ad una realtà che mai ci saremmo immaginati; nella fase più acuta non è stato possibile ricevere l’Eucarestia perché le chiese erano chiuse. Abbiamo vissuto un lungo digiuno eucaristico, cercando in tutti i modi di mantenere almeno un legame spirituale per saziare la fame di Gesù eucarestia. Una fame che abbiamo sentito forte in quel tempo così difficile e arido: abbiamo avuto fame di Gesù, fame di comunione ecclesiale e umana, fame di senso. Normalmente accade che più qualcosa ci viene negata, più aumenta il desiderio della cosa stessa. Impariamo a non darla per scontata e l’apprezziamo di più. Sarebbe dovuto succedere anche con l’Eucarestia ma appena abbiamo avuto la possibilità di accostarci nuovamente ad essa ci siamo fatti il problema se era lecito o meno riceverla sulle mani. Ora mi chiedo: se uno sta camminando nel deserto e finalmente vede un’oasi con dell’acqua, credete che si ponga il problema se usare le mani per portare l’acqua alla bocca? Credo di no. Forse, allora, non avevamo davvero fame o sete di Gesù e di quello che significa l’Eucarestia per la nostra vita. Corriamo il rischio di ridurla solo ad un’abitudine, ad una rubrica liturgica senza farci davvero interrogare da quel piccolo pezzo di pane posto a nutrimento della nostra vita cristiana.

Sarà per questo che Gesù nel Vangelo di oggi, nel dare le indicazioni per preparare la cena pasquale, chiede ai suoi di seguire un uomo che porta con sé una brocca d’acqua? Il Maestro ci insegna a conoscere e seguire la nostra sete, la nostra ricerca di senso, per presentarsi Egli stesso come l’unico capace di dissetare il cammino ogni uomo ogni volta che la vita lo rende arido e ogni volta che il deserto lambisce il nostro cuore. È il sangue di Cristo che «purifica la nostra coscienza» (cfr. Eb 9,11-15) e che sancisce l’alleanza fra Dio e l’uomo (cfr. Es 24,3-8). A questo sangue, durante la Santa Messa, viene aggiunta una goccia d’acqua. Quella goccia è tutta la nostra umanità, (con la sua storia, i suoi dolori, le sue ansie e i suoi desideri), che si unisce al sangue al Cristo. Quella stessa umanità che Cristo ha portato sulla croce nel giorno in cui il suo costato, squarciato dalla lancia, versò sangue ed acqua.

Ma riprcorriamo ancora il racconto del Vangelo. I discepoli seguendo quest’uomo con la brocca d’acqua trovano una grande sala, arredata e già pronta. Quella sala è da un lato l’immagine della Chiesa che celebra la pasqua della settimana e dall’altro rappresenta il nostro cuore, preparata da Lui fin dal principio e arredata con tutto quello che ci portiamo dentro. Gesù, attraverso l’Eucarestia, desidera abitare stabilmente il nostro cuore in particolare quelle parti che abbiamo chiuso e che da tempo non vedono la luce. Accostandoci all’Eucarestia noi gustiamo e vediamo quanto è buono il Signore che entra materialmente dentro di noi e spiritualmente nutre tutta la nostra esistenza. Noi pensiamo di andare verso di Lui ma in realtà è Dio che ha bisogno di noi e ci viene incontro.

Questa stanza, poi, si trova al piano superiore. Non al piano terra ma al piano cielo. L’Eucarestia è fatta di cielo, l’Eucarestia è promessa di cielo ma l’Eucarestia è anche il cielo dentro di noi. Nonostante la nostra bassezza, nonostante la nostra fragilità, attraverso l’Eucarestia siamo capaci di accogliere il cielo dentro di noi! Che straordinaria bellezza è l’Eucarestia per la nostra vita! Allo stesso tempo però non possiamo starcene con la testa fra le nuvole. Il cristiano è quello che ha lo sguardo verso il cielo ma i piedi ben saldi a terra. Sull’esempio del Maestro, siamo chiamati a farci pane spezzato per questo mondo, ad offrire noi stessi in nome dell’Amore. Non c’è vera Eucarestia se non c’è una vita eucaristica, altrimenti diventiamo dei tabernacoli chiusi, contenitori di grazia belli a vedersi ma inutili. I tabernacoli vengono aperti quando c’è bisogno di Gesù, così l’Eucarestia non ci è stata donata per restare chiusa in noi ma affinché venga condivisa. Quante volte ci mettiamo in fila per fare la comunione e poi non facciamo comunione con gli altri, non siamo in comunione con la moglie, con il marito, con i figli o con la nostra famiglia. L’Eucarestia deve cambiare radicalmente la nostra vita. È chiamata anche farmaco perché ci aiuta a guarire dalle malattie del nostro io, affinché dai nostri errori possa sempre nascere un rendimento di grazie a Dio per la sua misericordia, per il suo infinito amore per ciascuno di noi.

Chiediamo oggi a Dio di fare di tutta la nostra vita un’Eucarestia, di farci pane spezzato e vino versato per la gioia e la salvezza di chi incontriamo, così che un giorno possiamo partecipare al banchetto celeste per il quale il Padre ci ha già preparato un posto.


Fonte: don Ivan Licinio oppure il canale Telegram